OPERAZIONI DI FINANZA STRAORDINARIA

La RAMSES GROUP assiste i propri Clienti nella elaborazione e nella successiva realizzazione delle operazioni di finanza straordinaria di azienda ritenute necessarie per le più varie ragioni: ottimizzare la struttura aziendale, controllare più efficacemente i costi, dotarsi degli strumenti più idonei alla conquista di nuovi mercati o alla penetrazione in diversi settori, e così via. Tra gli aspetti che vengono esaminati con più riguardo un posto di rilievo occupa certamente la variabile fiscale.

La RAMSES GROUP collabora con studi legali di primo livello e con primarie società di revisione, per fornire al Cliente una assistenza completa su tutti i profili dell’operazione.

Le principali competenze  sono relative ad operazioni di scorporo di rami di azienda tramite scissione o conferimento in società neo-costituite, eventualmente con successiva cessione della partecipazione, fusioni per incorporazione, cessioni ed affitti di aziende, liquidazioni di società di capitali e di persone.

Quando un’azienda cresce in modo esponenziale, ha un numero maggiore di necessità e ha bisogno di essere supportata da strumenti alternativi ai tradizionali canali finanziari. Le serve quindi la finanza straordinaria per diventare più competitiva, conquistare più fette di mercato, acquisire nuove aziende e, magari, riuscire a quotarsi in borsa    

La finanziaria straordinaria può essere un acceleratore di primaria importanza per la tua impresa. Prova a immaginare questa situazione: finalmente, dopo anni di lavoro, la tua impresa sta crescendo, ma ha bisogno di supporto per poter fare il salto di qualità definitivo. Questo supporto può essere dato da azioni finanziarie straordinarie.

In altre parole, la finanza straordinaria racchiude tutte quelle scelte strategiche necessarie per supportare lo sviluppo della tua impresa. Sono solitamente scelte che vanno a “rompere” un equilibrio iniziale, per avere un’espansione e un ritorno economico più elevato nel tempo. 

Questo accade per esempio con l’acquisizione o la fusione di società, l’emissione di capitali o obbligazioni come i minibond. Oppure quando si attuano strategie per ottimizzare la propria patrimonializzazione e ci si rivolge a un ente pubblico, partecipando a un bando per ottenere contributi a fondo perduto o finanziamenti agevolati.

Le operazioni di finanza straordinaria sono lo strumento attraverso il quale le imprese possono dare sostegno ai propri percorsi di crescita aziendale. La ricerca di un partner industriale o finanziario, la necessità di reperire risorse finanziarie per realizzare un’espansione, un progetto industriale complesso o per operare un’acquisizione, la possibilità di realizzare una fusione o un’alleanza strategica con un’altra azienda, sono alcune delle possibili esigenze aziendale che possono essere soddisfate con operazioni di finanza straordinaria.
In questo ambito  si  fornisce la necessaria consulenza e assistenza oltre al concreto supporto, grazie al proprio sistema di relazioni, nella ricerca di partner industriali e finanziari.

 
Le attività specifiche svolte:

  • Consulenza e assistenza per operazioni di finanza straordinaria quali la fusione, la scissione, l’acquisizione e la cessione d’azienda
  • Consulenza e assistenza per il reperimento di risorse finanziarie aggiuntive (mezzi propri o debito) e di investitori nel capitale di rischio dell’azienda
  • Consulenza per l’emissione di prestiti obbligazionari e Mini-Bond
  • Consulenza e assistenza nella ricerca di potenziali acquirenti nell’ipotesi di cessioni d’azienda
  • Consulenza e assistenza nella ricerca di fondi di private equity e di investitori finanziari istituzionali
  • Business & accounting due diligence e valutazioni di azienda nell’ambito di operazioni di finanza straordinaria

1 I MINIBOND: COSA SONO E COME FUNZIONANO — PMI

Cos’è il minibond?

Il minibond è un strumento di finanziamento innovativo, pensato per le aziende non quotate in Borsa. Con il minibond la tua azienda può reperire fondi da investitori, dando in cambio titoli di credito.

Come funzionano i minibond?

I minibond sono obbligazioni a medio-lungo termine che le PMI possono emettere. Essendo delle obbligazioni, hanno un tasso d’interesse che viene riconosciuto sotto forma di cedola periodica. Hanno inoltre una data di scadenza in cui viene rimborsato il capitale. Solitamente vengono considerate minibond le obbligazioni delle PMI che hanno un valore nominale complessivo inferiore a 50 milioni di Euro.

Chi può emettere i minibond?

I minibond sono obbligazioni emesse da una Srl o da una SpA non quotata in Borsa. Nello specifico, gli emittenti devono essere società italiane non quotate, diverse dalle banche e dalle microimprese, con fatturato superiore a 2 milioni di Euro e almeno 10 dipendenti.

Quali sono i requisiti che deve avere il minibond?

Non esistono parametri o requisiti particolari per i principali termini e condizioni, né per quanto riguarda la durata, il tasso di interesse o la struttura di rimborso del capitale.

Emettere minibond rientra nelle operazioni di finanza straordinaria che la tua impresa può intraprendere. Si tratta di un’occasione da non perdere, per ottenere capitali vantando una minor dipendenza dalle banche,  minori costi relativi all’operazione e  maggiore visibilità tramite gli investitori. Ciò si traduce in maggiori opportunità di finanziamento.

 I MINIBOND sono obbligazioni o titoli di debito a medio-lungo termine emesse da società non quotate in Borsa, come potrebbe essere la tua PMI. Possiamo dire che emettere i minibond può renderti più forte dal punto di vista patrimoniale e del rating, oltre che farti inziare un percorso di futura quotazione in Borsa.

I minibond sono obbligazioni o titoli di debito a medio-lungo termine emesse da società non quotate, solitamente delle PMI. Possiamo dire che emettere i minibond aiuta le aziende:

  1. rendendole più forti dal punto di vista patrimoniale e del rating 
  2. garantendo loro il giusto sostegno per un percorso di futura quotazione in Borsa.

Poter ottenere capitali da questi canali è un’occasione da non perdere, per almeno tre ragioni:

  1. minor dipendenza dalle banche
  2. minori costi
  3. maggiori opportunità di finanziamento

In sostanza, un’impresa deve essere “appetibile” per gli investitori che andranno a sottoscrivere il titolo di debito emesso dall’azienda. Non possono emettere minibond le aziende in difficoltà finanziaria, con un fatturato in diminuzione o senza crescita, bassa marginalità, flusso di cassa negativo perché nessuno le prenderebbe in considerazione. 

Quindi solo aziende in crescita e proficue possono emettere minibond.

Per dare delle linee di massima e aiutarti a capire se anche la tua azienda può iniziare questo percorso devi considerare che:

  1. Il fatturato della tua impresa non dovrebbe essere inferiore a 5 milioni di euro e deve aver avuto una forte crescita negli ultimi tre anni;
  2. il margine operativo lordo (EBITDA) deve essere almeno pari al 10% del fatturato;
  3. Il rapporto tra la posizione finanziaria netta (PFN) e L’EBITDA  (margine operativo lordo) deve essere inferiore a 4;
  4. la tua impresa deve certificare il proprio rating tramite una società di rating riconosciuta e certificata EBA ed ESMA. Infatti, se il suo valore è elevato, rende più appetibile l’emissione e fa percepire quella solidità tanto voluta che gli investitori cercano.

I minibond non prevedono un rapporto “uno a uno” tra emittente e investitore come tra banca/impresa, ma un processo di emissione in più fasi e più player finanziari coinvolti. Tra tutti, l’Advisor è di fondamentale importanza, perché svolge un ruolo determinante nel valutare la PMI emittente, verificando anche fattibilità e convenienza economico-finanziaria dell’operazione.

Le imprese sono affiancate dall’Advisor nei diversi passaggi necessari per effettuare l’emissione del minibond, garantendo anche il coordinamento degli altri attori coinvolti. Nel processo di emissione, infatti, sono coinvolti anche gli arranger, che assistono la PMI nella strutturazione del minibond e nel suo collocamento, preparando al meglio l’azienda e i suoi soci.

Ancora più  indispensabili sono gli investitori che sottoscrivono i minibond; senza la loro convinzione nel progetto imprenditoriale, infatti, non si riesce a beneficiare dei frutti della sua emissione. Gli investitori sono banche, ma soprattutto intermediari finanziari, fondi pensione, eventuali società di assicurazioni, fondi di “private debt” e  SOCIETA’ VEICOLO

Cosa differenzia il finanziamento bancario dal minibond? Ti propongo un confronto per farti avere un’idea completa della differenza tra i due sistemi.

Ricorrere all’emissione di minibond consente alle PMI di godere di una serie di vantaggi, come ad esempio avere una minore dipendenza dal sistema bancario. Altro vantaggio è relativo all’emissione; come criterio di valutazione, la banca utilizza le garanzie e lo storico della tua società. Il processo di emissione dei minibond, invece, si basa:

  • sulla solidità patrimoniale
  • sulla profittabilità
  • sul cashflow (ossia sul flusso di cassa, che è la differenza tra i flussi monetari in entrata e in uscita) della tua impresa.

Ulteriori vantaggi risiedono nelle differenze tra i due strumenti finanziari. Il credito bancario e il minibond si differenziano anche per:

  • la scadenza. I prodotti bancari scadono dopo 3-5 anni, mentre il minibond dopo 5-7 anni;
  • le garanzie, che sono obbligatorie per la banca, mentre per il minibond sono gradite ma non strettamente necessarie;
  • il tasso di interesse. In banca dipende dal costo del capitale a cui la banca stessa fa riferimento. Nel mercato dei minibond il tasso viene applicato in base alla qualità dell’azienda e del progetto che va a sostenere;
  • la modalità di rimborso del capitale. Per la banca segue il piano di ammortamento, mentre per il minibond può essere bullet, ovvero a scadenza con un periodo di preammortamento fino a 2 anni.

Altro parametro importantissimo relativo al minibond è che quest’ultimo non viene segnalato in Centrale Rischi di Banca Italia e non c’è possibilità di revoca come un finanziamento normale o un fido di cassa.

Infine, questo strumento permette alla tua azienda di diventare visibile agli occhi di investitori istituzionali e non, proprio perché hai la possibilità di quotarti su Borsa Italiana presso l’indice preposto ExtraMot Pro.

  2 Acquisizioni e cessioni di società o segmenti aziendali 

Un’acquisizione di società permette alla tua impresa di ottenere con meno incertezza e più rapidamente know-how, prodotti, clienti, nuovi mercati e molto altro. Allo stesso modo, la cessione di società è un’operazione straordinaria con cui l’imprenditore cede a terzi la sua attività imprenditoriale, o una parte di essa, a fronte del pagamento di un prezzo di cessione. Invece, la vendita di un segmento aziendale può agevolare la focalizzazione delle risorse sul proprio business principale, per diventare un campione nel settore.

Acquisizioni e cessioni di aziende possono rivelarsi operazioni fondamentali per la sopravvivenza di un’impresa. E sebbene acquisire una società in vendita o cedere un ramo d’azienda o l’intero business possano sembrare eventi poco probabili, la realtà dei fatti è che l’Italia è un Paese caratterizzato da una significativa presenza di PMI, e che tale condizione può agevolare o addirittura favorire questo genere di processi.

Per acquisizione d’azienda si intende uno strumento strategico e finanziario che permette a una determinata società di acquistare un’altra azienda.

Con l’acquisizione di un’azienda, l’impresa acquirente persegue sempre l’obiettivo della creazione di nuovo valore per il proprio business e, proprio in virtù di tali prospettive, l’impostazione sarà sempre il risultato di una serie specifica di operazioni preliminari:

  • Analisi strategica preventiva
  • Ricerca di possibili alternative
  • Analisi preliminare della società potenziale oggetto dell’acquisizione
  • Determinazione del suo valore ed eventuale negoziazione
  • Due Diligence.

Come accennato poco sopra, un’organizzazione che procede all’acquisizione di un’azienda si pone prospettive di crescita attraverso un’operazione che considera strategica. Più nello specifico, rilevare un’azienda può essere il risultato di esigenze molto diversificate:

  • L’ampliamento del plateau dei clienti
  • L’acquisizione di nuove quote o segmenti di mercato
  • L’incremento della qualità dei prodotti
  • La velocizzazione della crescita di fatturato
  • La riduzione dei costi produttivi
  • La limitazione della concorrenza

La cessione d’azienda è un’operazione attuata attraverso la stipula di un contratto che ha come oggetto il trasferimento del diritto di esercizio di una data impresa a un altro soggetto economico e/o giuridico. Si tratta quindi di un’operazione straordinaria mediante la quale l’azienda viene ceduta in toto o in parte, a fronte del pagamento di un prezzo di cessione.

Ricordiamo che, secondo l’art. 2555 del Codice Civile, l’azienda è considerata “un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.

Può accadere che, per le motivazioni più diverse, un imprenditore decida di trasferire la propria azienda: tale processo sarà sempre preceduto da un’accurata valutazione dell’asset, inteso come il valore di mercato della patrimonialità dell’azienda e del suo avviamento commerciale. Quest’ultimo è, in termini pratici, il maggior valore attribuibile al complesso aziendale rispetto alla mera somma dei valori dei beni che compongono l’impresa.

La cessione dell’azienda rispetto alla semplice cessione dei singoli beni permetterà, in sintesi, di ottenere una quota intangibile di valore “extra”, poiché i beni dell’impresa sono organizzati tra loro e determinano quindi un incremento del valore rispetto a quello che si genererebbe dalla semplice sommatoria di ciascuno di essi.

L’atto di cessione d’azienda in sé dovrà inoltre essere realizzato in forma scritta, che potrà essere sia privata autenticata che in atto pubblico. È importante ricordare inoltre che l’atto così redatto dovrà essere iscritto nel Registro delle Imprese entro trenta giorni dalla stipula e che sarà opponibile a terzi.

Particolarmente degni di nota risultano infine gli obblighi in capo alle parti successivamente alla cessione d’azienda:

  • Il venditore sarà soggetto a un divieto di concorrenza (art. 2557 c.c.), ossia non potrà intraprendere una nuova attività imprenditoriale in diretta concorrenza con l’impresa che ha ceduto a terzi.
  • Il cessionario subentrerà automaticamente nei contratti dell’impresa ceduta (art. 2558 c.c.), il che significa che tutte le relazioni dell’azienda oggetto della cessione saranno trasferite al nuovo acquirente.
  • Il cedente dovrà rispondere in solido con l’alienante relativamente ai debiti dell’azienda che fossero sorti anteriormente alla cessione (art. 2560 c.c.), purché essi siano evidenziati nella contabilità.
  • I contratti di lavoro continueranno automaticamente dopo la cessione, e l’acquirente sarà responsabile di eventuali violazioni tributarie relative sia all’anno della cessione d’azienda che ai due precedenti.
  • I crediti dell’azienda ceduta saranno automaticamente ceduti all’acquirente dal momento della registrazione dell’atto di cessione al Registro dell’Impresa.

Fusioni e scissioni di società

L’ingresso di nuovi partner industriali o finanziari apre la porta all’acquisizione di nuovi capitali e investimenti, ma anche nuove risorse umane e tecnologiche. I motivi sottostanti la decisione strategica di fusione e scissione di società sono molteplici. Possono essere motivazioni:

  • produttive
  • tecnologiche
  • logistiche
  • amministrative
  • commerciali
  • strategiche, come ad esempio per uscire da una situazione di crisi o per ampliarsi sul mercato
  • fiscali

La trasformazione

La trasformazione di società consiste nella variazione della tipologia sociale. Si ha trasformazione omogenea quando essa comporta la variazione sia da un modello all’altro di società di persone o di società di capitali che da una società di persone in una società di capitali o viceversa. Ad esempio è possibile che una s.n.c. si trasformi in una s.a.s. o in una s.r.l.. Si ha, invece, trasformazione eterogenea quando essa comporta la variazione di una società di capitali in enti di tipo diverso (come società cooperative, società consortili,  consorzi, comunioni d’azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni) o viceversa.

La trasformazione non incide sui diritti e sugli obblighidella società che l’ha effettuata e i rapporti processuali proseguono in capo all’ente trasformato.

Le procedure concorsuali sono state ritenute dal legislatore conciliabili con la trasformazione, a meno che non vi sia incompatibilità con le finalità e lo stato della procedura. Del resto, in pendenza di una procedura concorsuale, la trasformazione può anche costituire un vantaggio, come accade, ad esempio, con il contenimento degli oneri procedurali che deriva dal passaggio da una s.p.a. a una s.r.l..

E’ prevista una particolare forma per la trasformazione in s.r.l., in s.p.a. o in s.a.p.a., in quanto essa deve risultare da atto pubblico, contenente tutto quanto legislativamente previsto per l’atto di costituzione di tali tipologie sociali.

Più in generale, l’atto di trasformazione deve sempre rispettare la disciplina del nuovo tipo sociale e le relative pubblicità. E’, inoltre, necessario che la cessazione della società che effettua la trasformazione sia sottoposta alla pubblicità a tal fine richiesta.

Solo il rispetto di tutti i necessari adempimenti pubblicitari dà effetto alla trasformazione e ne preclude la pronuncia di invalidità, fatti salvi i diritti dei terzi e dei partecipanti alla società trasformata. 

La fusione

Si verifica una fusione quando due o più società si uniscono. Anche essa si distingue in omogenea ed eterogenea, a seconda di quali siano gli enti interessati; può, inoltre, avvenire per incorporazione di una società ad un’altra o attraverso la creazione di una nuova società. Ne restano escluse le società in liquidazione che abbiano già avviato la distribuzione dell’attivo, ma non più le società sottoposte a procedure concorsuali.

rapporti intrattenuti dalle società partecipanti alla fusione non si estinguono ma proseguono in capo alla società che ne risulta.

Il procedimento di fusione si articola nella predisposizione di un progetto di fusione e di una serie di altri documenti prescritti dal legislatore, nella delibera di fusione da parte di tutte le società partecipanti secondo le modalità previste per le modifiche dell’atto costitutivo, nel deposito e nell’iscrizione di tale delibera nel registro delle imprese. Si potrà procedere all’esecuzione della fusione solo decorsi due mesi da tale iscrizione senza che l’eventuale opposizione dei creditori abbia determinato il giudice a interrompere l’operazione.

La fusione vera e propria avviene a questo punto attraverso un atto di fusione stipulato dagli amministratori delle società partecipanti, redatto in forma pubblica e sottoposto a iscrizione nel registro delle imprese. Tale atto può essere stipulato anche prima del decorso del termine di due mesi dal deposito della delibera di fusione nel registro delle imprese quando le società abbiano soddisfatto tutti i creditori o acquisito il loro consenso all’operazione o depositato le somme necessarie al pagamento dei crediti in un conto vincolato presso una banca. 

La scissione

La scissione è l’operazione opposta alla fusione, con la quale il patrimonio di una societàviene divisoin tutto o in parte tra altre società già esistenti o di nuova costituzione, dette beneficiarie. Anche da essa sono escluse solo le società in liquidazione che abbiano già avviato la distribuzione dell’attivo.

Il procedimento di scissione prende avvio con la predisposizione di un progetto di fusione, degli atti richiesti agli amministratori e della relazione degli esperti. Come nella fusione, seguono le fasi della deliberazione della scissione, dell’iscrizione nel registro delle imprese e della stipulazione dell’atto di fusione.

Il Codice Civile prevede una garanzia per i creditori delle società interessate della scissione prevedendo che ciascuna di queste è responsabile in solido dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico. Ciò, per ognuna, nei limiti del valore del patrimonio loro trasferito o rimasto. 

3 Ottimizzazione della struttura finanziaria 

Ogni azienda ha bisogno di basi solide per poter crescere. Ottimizzare la propria struttura finanziaria, in ogni fase di vita della tua impresa, significa individuare:

  • le fonti di finanziamento necessarie alla tua azienda;
  • nuove opportunità finanziarie destinate ad aumentare il capitale economico

L’ottimizzazione della struttura societaria consiste nel conferire una maggior efficienza all’organigramma e ai processi aziendali. In un periodo di difficoltà economico-finanziaria, è importante trarre il massimo dalle risorse disponibili, cercando di limitare il più possibile le perdite, le inefficienze e gli sprechi. Un’azione di ottimizzazione della struttura societaria permette di dar nuova linfa all’azienda, permettendo così di adempiere agli obblighi nei confronti dei creditori, ma anche di donare nuove soluzioni operative.

Il processo di ottimizzazione della struttura societaria è particolarmente complesso e necessita di indagini conoscitive approfondite. Spesso tale concetto viene affiancato a quello di ristrutturazione dell’assetto societario. L’ottimizzazione dei processi produttivi e delle attività lavorative ha l’obiettivo di ottimizzare e migliorare l’efficienza dell’azienda, riducendone così i costi. Di norma è la prima misura che viene adottata per arginare le perdite dell’azienda

L’ottimizzazione della struttura societaria non è semplice, indipendentemente dalle dimensioni aziendali. Il primo passo consiste in un’analisi approfondita dello stato aziendale volto a individuare, all’interno dell’organigramma e delle procedure, la presenza di inefficienze, colli di bottiglia e sprechi. Quantificare l’entità delle perdite economiche è la seconda operazione da svolgere. Questa analisi, oltre a fornire una panoramica esauriente della stato di salute dell’azienda, consente di ottimizzare i fattori responsabili delle perdite.

4 Joint venture, lo strumento per “unire le forze”

La tua impresa vuole conquistare nuovi mercati? Oppure crescere su quelli già consolidati? Queste operazioni sono possibili tramite delle joint venture, che letteralmente può essere tradotto con “associazione temporanea di imprese”. Una joint venture è quindi uno strumento di finanza straordinaria che può essere attuato quando due aziende vogliono allearsi, unire le forze economiche, le competenze tecniche e le capacità organizzative per realizzare investimenti comuni, e, soprattutto, ripartire i rischi.

Due tipologie di joint venture sono:

  • quella a carattere societario, in cui i partecipanti (detti co-ventures) si spartiscono oneri e utili della società e sono responsabili esclusivamente per la parte di capitale da loro versato. Un esempio concreto è quello della Sony Ericsson, nata dall’accordo tra il gruppo giapponese Sony e la svedese Ericsson nel 2001.
  • quella di tipo contrattuale, in cui due aziende stipulano un accordo per la realizzazione di un prodotto/servizio suddividendo utili e ricavi. Sono accordi tipici nel mercato automobilistico. Ad esempio: hai mai avuto un Opel Corsa Diesel? Monta lo stesso motore delle auto Fiat 1.3 Multijet.

Con l’avvento della globalizzazione di massa, negli ultimi decenni si è assistito ad un processo di internalizzazione delle imprese. Ciò, ha portato ad un incremento del commercio mondiale e degli investimenti all’estero, determinando una crescita della concorrenza anche in settori ove, inizialmente, dominavano le imprese locali. Le imprese orientate all’internazionalizzazione hanno la necessità di allearsi con altre imprese, per suddividere costi e rischi e per diventare più competitive sul mercato globale. A tale scopo mirano le Joint Ventures.

Tale espressione, in italiano traducibile con “associazione temporanea di imprese”, indica l’accordo più o meno duraturo tra due o più imprese, finalizzato alla collaborazione per la realizzazione di un progetto, di un’opera o di un’attività imprenditoriale di comune interesse. Attraverso tale strumento, le imprese si rafforzano condividendo le proprie potenzialità e riducendo tempi di attuazione, costi e rischi, per un progetto di comune interesse, che si atteggia in maniera differente in base alle esigenze delle parti, libere di definire le reciproche obbligazioni. Tuttavia, esse avranno una minore autonomia decisionale, condivisa con le altre componenti dell’associazione. A volte, ciò può diventare un ostacolo, in particolare laddove le decisioni non siano condivise dalle parti. Come ribadito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Civ., sez. III, 6757/2001), la nozione di joint venture, per la sua ampiezza e generalità, non permette di delineare un preciso istituto giuridico, che viene plasmato dalle parti a seconda delle loro esigenze. Dei contorni più precisi si rinvengono nel diritto anglosassone, dal quale tale istituto proviene, che distingue le contractual joint ventures e le joint venture corporations.

Le Joint Venture Contrattuali

Sono degli accordi tra due o più imprese, che mettono a disposizione le loro reciproche capacità per ottenere un risultato comune, tale da arrecare un beneficio ad ognuno di loro. Da tale accordo, non deriva un centro di imputazione giuridica distinto da quello dei co-ventures, che, mantengono la loro autonomia. Le joint ventures non hanno una durata prestabilita, terminando quando lo scopo cessa o viene raggiunto. Non comportando un raggruppamento legale delle attività delle parti, né l’istituzione di un’entità giuridica distinta, il grado d’integrazione delle stesse è minimo, se comparato ad altre forme di joint ventures (come ad esempio quelle societarie o le joint venture equity). In ragione della loro duttilità, l’accordo alla base è abbastanza generale da non fornire dettagli sulla gestione del “Project” (progetto che le parti devono rispettare per raggiungere l’obiettivo comune). La struttura della Joint venture contrattuale è elementare: vi è la nomina di un Comitato Direttivo, con uno o più rappresentanti di ciascuna delle parti, per gestire il “Project” e la nomina di un Project Manager per l’esecuzione dello stesso. Le caratteristiche di tali joint ventures hanno reso difficile l’inquadramento normativo da parte della Dottrina. Una sua parte sosteneva che esse sono “prive di ogni preciso carattere distintivo nel senso d’idoneità a definire un particolare tipo negoziale”, ricomprendendole nell’art. 1322 c.c., nei contratti atipici. L’orientamento prevalente ritiene tali joint ventures una forma di collaborazione imprenditoriale caratterizzata dalla temporaneità. Le parti la stipulano quando intendono porre in essere un’attività economica in comune limitata nel tempo, il cui raggiungimento dello scopo ne determina lo scioglimento, al fine di realizzare un’opera, ovvero un affare, mediante l’utilizzo parziale delle rispettive risorse senza compromettere attività imprenditoriali altrui. In tal senso la figura giuridica più vicina è la riunione temporanea d’impresa ex Legge n. 584/1977, emanata a seguito della Direttiva CEE n. 305/1971. I partners sono legati da un rapporto di mandato, essendo la Riunione Temporanea di Impresa priva di una struttura organizzativa e di soggettività. Il raggruppamento temporaneo non costituisce un contratto tipico, in cui vi è un mandato collettivo e l’assunzione di una responsabilità solidale nei confronti della società appaltante.

Le Joint Venture Societarie

La peculiarità delle cd. incorporated joint ventures o joint ventures societarie consiste nella costituzione di un soggetto giuridico autonomo, generalmente una società di capitali, controllata congiuntamente da due o più società “madri”, cui le stesse imputano l’azione comune. Lo studio di un progetto di joint venture societaria comporta una serie di valutazioni di carattere preliminare. Innanzitutto, determinare i requisiti che dovrebbe avere il partner a cui proporre l’ipotesi di collaborazione, il quale dovrà apportare un contributo sostanziale al buon esito della “comune impresa”, in possesso di risorse, capacità ed obiettivi complementari o comunque compatibili con quelli che la società intende realizzare. Dopo aver individuato il possibile partner ed averlo convinto delle potenzialità della collaborazione, il consenso tra le parti si forma gradualmente, con la comune verifica della fattibilità (economica, produttiva, commerciale) del progetto e l’individuazione delle reciproche obbligazioni che ognuno dei partner dovrà assumersi per la riuscita dello stesso. Conclusa tale fase, le parti dovranno stabilire la struttura giuridica su cui basare la predisposizione e negoziazione del “joint venture agreement”, avviando la fase di negoziazione contrattuale, volta ad identificare i compiti ed i ruoli, nonché i diritti e gli obblighi di cui ogni parte dovrebbe farsi carico. La complessità nel regolamento di tutti i rapporti giuridici e commerciali scaturenti dalla costituzione di una joint venture societaria comporta l’impossibilità di disciplinarne tutti gli aspetti in un unico testo contrattuale: di qui la prassi di articolarne la struttura con un contratto principale (“cooperation agreement”, “joint venture agreement”, “main agreement”, etc.) ed una serie di contratti operativi.

  • Con il primo le parti determinano condizioni, termini e modalità per la costituzione e la gestione comune della nuova società da essi partecipata, individuando gli obiettivi, le azioni che dovrà intraprendere per la realizzazione degli obiettivi ed identificando le relazioni giuridiche che si instaureranno tra ognuno di essi e la nuova società.
  • I secondi, disciplinano gli obblighi che ognuno dei partner assumerà nei confronti della nuova società, individuando gli strumenti che messi a disposizione della joint venture company per lo svolgimento della sua attività.

La sottoscrizione del contratto principale e dei singoli contratti operativi avviene in momenti distinti, poiché il più delle volte la parte contraente degli “operational agreement” è la stessa “joint venture company” che i partners costituiranno soltanto dopo aver firmato il “main agreement”. Una volta stipulati tali accordi, la fase negoziale non può ancora considerarsi formalmente conclusa.: il “closing” dell’operazione avviene solo dopo la costituzione della società comune e l’ottenimento delle eventuali autorizzazioni richieste dalla legge.

Ulteriori distinzioni e Risvolti Giurisprudenziali inerenti le Joint Venture

La giurisprudenza distingue raggruppamenti verticali ed orizzontali, a seconda delle attribuzioni delle imprese associate. Le prime, sono caratterizzate dalla compresenza di imprese portatrici delle stesse competenze. Nelle seconde, l’impresa mandataria apporta delle competenze incentrate sulla prestazione prevalente, mentre le altre possono avere competenze diverse ed usualmente inerenti prestazioni secondarie scorporabili. Analizzando le problematiche di tale istituto, si rileva che vige il principio di immodificabilità soggettiva delle imprese che ne fanno parte. Tale preclusione, decorrente dalla presentazione delle offerte alla definizione dell’aggiudicazione, serve ad impedire l’aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti alla Joint Venture manchevoli di uno o più requisiti di partecipazione alla gara, nonché la riduzione volta ad evitare l’esclusione della gara per difetto dei requisiti di uno dei componenti. Pertanto, laddove le imprese recedano dall’aggregazione temporanea, quelle che continuano a farne parte devono essere titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione (cfr. Cons. St, Sez. V, n. 3507/2017).

Il pericolo di paralisi nella Joint Venture e possibili soluzioni

Non di rado le componenti dell’aggregazione si trovano in disaccordo sulla gestione e/o definizione dell’indirizzo strategico della società o sul corretto adempimento dei patti parasociali. A tal fine, andranno predisposte delle clausole contrattuali che permettono di superare l’empasse dell’attività sociale dovuto a tali conflitti. Esse dovranno definire in maniera precisa e puntuale gli estremi dello stallo, che determina l’attivazione di meccanismi di risoluzione della paralisi societaria. Ciò al fine di evitare un abuso degli stessi, limitandoli alle questioni ritenute essenziali da entrambi i soci. Nel caso di stalli irrisolvibili, non si potrà ostacolare l’exit dell’impresa dissenziente. Spesso vengono previste della clausole denominate “roulette russa”, in virtù delle quali ciascuna parte può notificare all’altra la propria intenzione di comprare (o vendere) la partecipazione ad un prezzo liberamente determinato dall’offerente. L’altra parte avrà la facoltà di accettare l’offerta o di procedere all’acquisto della partecipazione del primo offerente (o alla vendita della propria), al medesimo prezzo originariamente offerto. Tale meccanismo è utilizzato nelle Joint Ventures paritetiche, nelle quali vi siano due soci che dispongano di analoghe capacità finanziarie. Esistono diverse varianti della clausola, che prevedono aste competitive e offerte in busta chiusa in cui prevale chi ha fatto l’offerta più alta (c.d. Texas shoot -out). Dette clausole, di derivazione statunitense, hanno sollevato alcuni problema di compatibilità con il nostro ordinamento, per via del mero arbitrio che le connotano (remissione della valutazione della partecipazione sociale al mero arbitrio di una delle parti; violazione del divieto di patto leonino). Al riguardo, va menzionata la pronuncia del Tribunale di Roma del 19.10.2017 che ha ritenuto valida tale clausola, qualificandola come un patto parasociale atipico, valido e rispondente a interessi meritevoli di tutela.

5 “Project Financing”: i contratti stipulati tra azienda ed ente pubblico

Infine, abbiamo il partenariato pubblico. Di cosa si tratta? Sono contratti stipulati tra un’azienda privata e un ente pubblico per realizzare opere pubbliche o di pubblica utilità. Ciò significa che l’azienda mette a disposizione della pubblica amministrazione il proprio know how e la propria forza lavoro, mentre l’ente amministra e gestisce i fondi necessari per realizzare l’opera.

Il project finance è una operazione di finanziamento a medio lungo termine con caratteristiche particolari rispetto a un ordinario mutuo

Nel project finance, infatti, viene utilizzata un SPV (Special Purpose Vehicle), una società neocostituita grazie alla quale si possono mantenere separati i beni del progetto da quelli dei soggetti promotori, ovvero da coloro che propongono l’iniziativa di investimento.

Già da queste poche righe dovrebbe essere chiara la maggiore complessità di tale iniziativa. Un’operazione economica strutturata, che richiede spesso il supporto di un consulente professionale che possa gestire i rapporti tra le parti protagoniste del reperimento del finanziamento e del loro utilizzo.

Cos’è il project finance

Come già in parte accennato, il project finance è uno strumento giuridico, economico e finanziario, attraverso cui un soggetto può realizzare un progetto specifico, caratterizzato generalmente da:

  • elevata complessità;
  • alto fabbisogno di capitale;
  • in grado di garantire con ragionevole certezza dei flussi di cassa che possano remunerare i finanziatori, ripagando costi operativi e capitale investito.

Anche in virtù delle sue particolari caratteristiche, spesso il project finance trova la sua principale applicazione nei progetti pubblico – privati, favorendo la formazione di partnership che possano permettere:

  • il finanziamento di un’opera pubblica o di pubblicità utilità;
  • la sua realizzazione o il suo sfruttamento economico grazie al partner privato.

I vantaggi per entrambe le parti pubblico – privato sono notevoli:

  • la Pubblica Amministrazione potrà reperire risorse economiche destinate alla realizzazione del progetto;
  • il privato sarà interamente coinvolto negli aspetti economici e progettuali, e nella fase di successiva gestione.

Come funziona il project finance

Il funzionamento del project finance segue diversi passaggi consecutivi, che di seguito cerchiamo di sintetizzare e riassumere:

  • ideazione del progetto: il progetto viene strutturato dai soggetti proponenti, in relazione a uno specifico obiettivo;
  • valutazione del progetto: il progetto viene valutato dai finanziatori, con particolare riferimento per la sua capacità di generare flussi di cassa;
  • costituzione della società di progetto: la costituzione di un SPV rappresenta un passaggio fondamentale per la corretta realizzazione del project finance. Il compito di questo veicolo è quello di sviluppare l’iniziativa e beneficiare delle risorse finanziarie reperite, e necessarie per la sua realizzazione;
  • gestione operativa: terminata la prima fase, si procede con la gestione dell’opera. Evidentemente, solo una positiva gestione del progetto permetterà di generare quei flussi di cassa che sono utili per la soddisfazione di banche e partecipanti all’opera.

Approfondiamo ora le fasi del project finance, al fine di strutturare un percorso che condivideremo nei prossimi paragrafi.

Le fasi del project finance

Riassumendo i percorsi che la finanza di progetto favorisce, possiamo suddividere le fasi del project finance in tre step.

La progettazione e la costruzione

È la fase in cui i soggetti finanziatori mettono a disposizione del progetto le risorse finanziarie che sono ritenute necessarie per la realizzazione dell’opera. Intuibilmente, in questa fase il ruolo principale viene svolto dagli istituti di credito finanziatori, i quali stipuleranno con i promotori appositi contratti di finanziamento di medio lungo termine, in cui disciplinare le procedure che di volta in volta permetteranno l’erogazione delle parti di finanziamento.

Trattandosi infatti di un finanziamento di grandi dimensioni, è possibile che:

  • le risorse finanziarie vengano erogate in pool, ovvero con il coinvolgimento di più istituti bancari;
  • l’erogazione avvenga a stati di avanzamento dei lavori e, dunque, non in un’unica tranche iniziale.

Lo start-up

Alla prima fase di progettazione e di costruzione segue la seconda fase, quella di start-up.

È in questa fase che si verifica se il progetto è stato realizzato secondo le modalità, i tempi e le condizioni che sono state indicate in  contratto  Ed è sempre in questa fase che vengono attivati i test che hanno come finalità quella di verificare la capacità del progetto di funzionare secondo le modalità che sono state originariamente previste all’interno del contratto di costruzione, che dovrebbero generare i flussi di cassa attesi, ritenuti necessari per il corretto rimborso dei debiti con i soggetti finanziatori.

Nel caso in cui il progetto non riuscisse ad esprimere i requisiti attesi, è possibile che lo stesso contratto preveda una serie di azioni “correttive”.

La gestione operativa

È l’ultima delle principali fasi in cui è suddiviso il project finance. In questo caso, una volta terminata la fase di start-up, il progetto dovrebbe iniziare a generare i flussi di cassa che saranno utili per poter rimborsare regolarmente i finanziamenti.

È dunque in questa ultima fase che potrà trovarsi verifica reale della capacità del progetto di far fronte ai finanziamenti richiesti e ottenuti.

Ora che abbiamo le idee un po’ più chiare su cosa sia il project finance e su quali siano le fasi consecutive attraverso cui si snoda questo progetto, possiamo compiere un ulteriore piccolo passo in avanti e cercare di capire quali siano le principali tipologie di strutture di project finance.

Tipologie di project finance

Da un punto di vista prevalentemente finanziario, le operazioni di project finance si possono dividere in tre principali categorie, a seconda della rivalsa dei soggetti finanziatori sui partecipanti alla società veicolo di progetto.

Avremo dunque:

  • operazioni senza rivalsa. Si tratta delle operazioni c.d. without recourse, in cui è esclusa la rivalsa dei finanziatori sugli  azionisti della SPV. Dunque, in questo scenario i finanziatori opereranno secondo logiche non tradizionali, finendo con l’accollarsi dei rischi che sono simili a quelli degli  imprenditori
  • operazioni con rivalsa limitata. Si tratta delle operazioni c.d. limited recourse, in cui la rivalsa dei finanziatori sui partecipanti alla SPV è condizionata. I limiti possono essere temporali, nell’importo o nella qualità, a seconda di quanto previsto nel contratto;
  • transazioni con rivalsa piena. Si tratta, infine, delle operazioni c.d. total recourse, in cui la rivalsa dei finanziatori sugli azionisti della società di progetto è totale.

I soggetti

Un’operazione di project finance è realizzabile solamente con la partecipazione di più soggetti, che entrano nel processo di finanziamento di progetto con diversi ruoli.

In una tradizionale operazione di project finance interverranno dunque:

  • soggetti promotori, ovvero coloro che intendono sviluppare una particolare e specifica iniziativa economica, e che in genere apportano o garantiscono il capitale di rischio, i mezzi propri. Si tratta dunque di coloro che hanno interesse affinché un determinato progetto venga realizzato. Il loro compito sarà quello di strutturare il progetto sotto il profilo giuridico, tecnico, gestionale e finanziario, facendosi carico di tutta la fase preliminare;
  • il concedente, ovvero colui che – come l’autorità pubblica – si occupa delle attività di controllo del territorio, pianificazione delle opere, valutazione e selezione delle proposte, facilitazione (mediante, ad esempio, la conferenza di servizi), contraente, ecc.;
  • la società di progetto, che viene costituita appositamente con lo scopo di realizzare e di gestire il progetto. Considerato che la SPV viene creata proprio per questo scopo, ne deriva che la gestione del progetto costituirà l’unica attività della società progetto. Il compito della SPV è quello di trovare i finanziamenti necessari per realizzare il progetto, destinando poi i flussi derivanti dalla sua gestione alla copertura delle spese e al servizio del debito;
  • consulenti, come quelli finanziari, che sono coloro che costruiscono l’operazione finanziaria, presentandola poi ai potenziali finanziatori. Un ruolo fondamentale sarà svolto anche dai consulenti legali, che hanno un’importanza essenziale per poter strutturare correttamente il progetto. Come abbiamo più volte rammentato in questa pagina, infatti, il project finance è un’operazione estremamente complessa, che necessita di un’attenta pianificazione.

Altri soggetti:

  • le controparti commerciali, come i progettisti, l’appaltatore, il gestore, i fornitori, gli acquirenti, i garanti. Non tutte queste controparti commerciali sono necessariamente presenti in ogni operazione di project finance;
  • finanziatori, ovvero gli istituti che intervengono nel finanziare l’iniziativa attraverso il debito di breve e – soprattutto – medio lungo termine. Principalmente, si tratta di banche, che potranno operare da sole o in pool;
  • il contraente generale, come introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, che  colui che assume l’obbligo di eseguire con qualsiasi mezzo un’opera che risponde alle esigenze del soggetto aggiudicatore.

Giova a questo punto approfondire, pur in brevità, la natura e le caratteristiche di ciascuna delle principali figure che entrano a vario titolo nel project finance.

Il promotore

Il promotore è colui che può presentare alle amministrazioni aggiudicatrici delle proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblicà utilità, inseriti nella programmazione triennale, con risorse che siano almeno in parte a carico dei promotori stessi.

Entro 180 giorni dalla pubblicazione dell’avviso da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, il promotore potrà dunque presentare la proposta, contenente alcuni elementi chiave come:

  • studio di fattibilità,
  • progetto preliminare,
  • bozza di convenzione,
  • piano economico – finanziario.

Entro 90 giorni, le amministrazioni aggiudicatrici renderanno pubblica la presenza nei programmi presentati dai promotori, di interventi realizzabili con capitali privati. Infine, entro 15 giorni dalla ricezione della proposta, si procederà con:

  • nomina e comunicazione al promotore del responsabile del procedimento;
  • verifica della completezza dei documenti presentati e eventuale richiesta di integrazione.

I finanziatori

Quella dei finanziatori è una fondamentale categoria di soggetti, coinvolti in un’operazione di project finance.

Come intuibile, si tratta di coloro che mettono a disposizione dell’iniziativa i capitali necessari. Evidentemente, può trattarsi dei fornitori di:

  • capitale di rischio, come gli azionisti della società di progetto;
  • capitale di debito, come gli istituti che concedono mutui e altri prestiti.

Tra i secondi, i fornitori di capitale di debito, svolgono un ruolo chiave le banche. L’impegno finanziario richiesto è spesso elevatissimo: per questo motivo le banche di frequente si organizzano in pool, collaborando con altri istituti di credito, sotto la guida di una banca commerciale di principale riferimento, che coordina tutti i prestatori nelle varie fasi di avanzamento e di formalizzazione delle trattative, fino a rappresentare i singoli istituti nei confronti dei terzi.

Conclusioni

A margine di questo approfondimento, possiamo cercare di saltare a qualche conclusione.

Come evidenziato negli scorsi paragrafi, il project finance può essere un’operazione di finanza strutturata che dovrebbe essere in grado di facilitare la realizzazione di grandi opere. A patto, naturalmente, che l’operazione sia realizzata con la giusta attenzione e correttezza.

Ricordiamo infatti che il project finance è un’operazione estremamente complessa, che necessita di una piena consapevolezza in ciascuna delle sue fasi, in maniera tale che possano essere generati i flussi di cassa utili per poter rimborsare il debito contratto.

Dunque, il project finance richiede:

  • attenta progettazione,
  • analisi approfondita dei flussi di cassa generati dal progetto, che siano di valore sufficiente per poter rimborsare il debito bancario e pagare gli oneri finanziari,
  • programmazione dei meccanismi contrattuali funzionali.

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