TRANSIZIONE 4.0: il Ministro CONFERMA di voler POTENZIARE IL PIANO

silver microscope

RAMSES GROUP NEWS n.123 – 13 novembre 2020

“Dobbiamo andare assieme porta a porta, Ministero dello Sviluppo Economico e rappresentanti del mondo industriale, a spiegare che cosa stiamo facendo e, soprattutto a raccontare quali sono le opportunità che oggi cerchiamo di dare a tutti gli imprenditori italiani”.

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, partecipando al convegno “Investire, Accelerare, Crescere”, organizzato dalla Luiss Business School e da Confindustria Digitale, parla di occasione unica per le imprese perché “rafforzando e rendendo strutturale Transizione 4.0 creiamo i presupposti per ridurre quel gap in termini di innovazione e digitalizzazione che abbiamo con il resto d’Europa”. “Solo così – aggiunge Patuanelli – il Paese potrà fare un passo in avanti in crescita, economia, e sviluppo, tornare competitivo sul mercato globale e affrontare con successo questa crisi”.

Il ministro è entrato per la prima volta nel dettaglio delle cifre di cui si sta discutendo per rafforzare e rendere strutturali  le misure del pacchetto Transizione 4.0.Alcune aliquote prevederanno un forte boost nel primo anno e poi un décalage – spiega Patuanelli –  perché dobbiamo intervenire con una misura choc. All’inizio, in un momento in cui le aziende hanno difficoltà bisogna aiutarle a investire di più e dire loro che questa è l’occasione”.

Il primo elemento è la durata della misura: “Io sto combattendo per la triennalità e ci siamo vicini con un piano biennale con una partenza anticipata a novembre di quest’anno e l’estensione di sei mesi fino a giugno 2023”.

Poi “prevediamo la fruizione di tutti i crediti in 3 anni, anche per i beni strumentali per i quali oggi è di 5 anni, e la compensazione immediata – e non dall’anno successivo – dei crediti d’imposta per l’acquisto dei beni strumentali”.

Le aliquote: “Pensiamo a un ulteriore incremento del credito di imposta per i beni immateriali 4.0 dal 15% al 20% e l’innalzamento del tetto massimo di spesa da 700 mila a un milione di euro.

Poi ci sarà l’innalzamento complessivo delle aliquote e dei tetti di tutti i crediti sugli investimenti, a partire dal famoso ex super ammortamento per i beni strumentali che passerà dal 6% al 10%. E stiamo cercando, per agevolare le Pmi, di far sì che i soggetti con ricavi fino a 5 milioni possano fruire di quel credito in un anno. Ci sarà poi l’incremento dal 6% al 15% per gli investimenti effettuati nel 2021 per l’implementazione del lavoro agile”.

Novità anche per i software non 4.0. “Pensiamo all’estensione del beneficio anche ai beni immateriali non 4.0 con credito al 6% e al 10%, e questo è importante perché parliamo di software gestionale, cloud, investimenti in smart working”.

Infine per i beni dell’ex iper ammortamento, “alzeremo il tetto il primo anno, agevoleremo le spese fino a 4 milioni al 40% nel 2021 per poi tornare al tetto dei 2,5 milioni al 40% nel 2022”.

“Purtroppo non possiamo non segnalare il basso livello di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al Pil”, spiega. “Siamo al 4,5% contro un livello medio europeo del 6,5% e questo si riflette su un numero minore di ricercatori in italia nonostante l’elevata qualità della ricerca. A questo si lega anche il problema della formazione. Noi viviamo un paradosso perché le tecnologie maturano a una velocità superiore a quella necessaria per formare le persone che le devono utilizzare, e questo tema, se non lo affrontiamo immediatamente, diventerà impossibile da risolvere, perché le distanze aumenteranno sempre di più”.

E sempre sulla formazione: “Serve un intervento formativo non solo sulle persone che si occupano dello studio di quelle tecnologie, ma sopratutto verso chi, personale e imprenditori, deve poi utilizzare i servizi che viaggiano su quelle nuove tecnologie. E questa è la sfida più complessa”.

C’è poi il tema dell’accesso alle misure agevolative. “Noi sappiamo che il 73,2% delle imprese tra i 10 e i 19 addetti ha fato investimenti digitali, il 97,1% di quelle con oltre 500 addetti, ma solo il 18% delle Pmi ha utilizzato strumenti agevolativi e ha fatto investimenti.

C’è un gap enorme tra l’utilizzo da parte della piccola e media impresa, che è l’ossatura del sistema produttivo, e della grande impresa. Questo apre due scenari: il primo è la necessità di comunicare in modo più efficace con il mondo delle Pmi per far capire l’importanza dell’innovazione e della digitalizzazione e degli strumenti di supporto; il secondo è il tema del trasferimento tecnologico. Perché la grande impresa fa ricerca e innovazione e utilizza strumenti digitali, ma ci sono filiere importanti del nostro paese fatte principalmente da micro imprenditori e il trasferimento tecnologico fatto nella filiera e in modo orizzontale tra le filiere è un elemento che non può non trovare risposte nella policy del governo”.

Dal ministro, quindi, arriva una proposta per potenziare il network 4.0, quella rete dei servizi che comprende i Competence Center, i Digital Innovation hub, e i poli di innovazione europea.

“Stiamo pensando di istituire anche sei grandi centri di alta tecnologia – spiega Patuanelli – dove le tecnologie siano di libero accesso, dove la formazione universitaria si confronta con il mondo delle imprese per andare a coglierne le esigenze e dove, soprattutto, si trasferiscono le competenze delle tecnologie che vengono studiate nei centri. Pensiamo all’intelligenza artificiale, al biomedicale, a tutto il tema della fisica quantistica, che non si esaurisce con il quantum computing che pure ne è un elemento importante, al grande tema dell’idrogeno, all’agrifood, dove le nuove tecnologie possono portare uno sviluppo enorme, e a tutto il grande tema della transizione energetica, sostenibile”.

Il ministro Patuanelli ha voluto ricordare l’impegno del governo per l’aiuto alle imprese in un momento particolarmente complesso come quello che stiamo vivendo per il contrasto alla pandemia.

“Abbiamo messo in campo due grandi strumenti, che hanno funzionato, per dare sostegno alle imprese – spiega: il fondo perduto e la liquidità. Sono strumenti nati al Ministero dello Sviluppo Economico e il fatto che con i Decreti Ristori in 12 giorni siamo riusciti a risarcire le imprese per il danno che hanno dovuto subire per le misure restrittive mi sembra positivo e di attenzione verso un mondo che sappiamo quanto sta soffrendo”.

Patuanelli sottolinea che “le misure non sono mai sufficienti, ma abbiamo messo in campo risorse con una rapidità non indifferente. Per la liquidità ci sono 1 milione e 250 mila imprese che hanno avuto accesso per un’erogazione di oltre 101 miliardi, di cui 975 mila imprenditori che hanno fatto la richiesta del prestito garantito al 100%, per 19 miliardi di liquidità con garanzia totale assistita, e siamo l’unico paese ad averlo fatto. L’Italia è stata più attenta rispetto ad altri paesi, anche perché le nostre micro imprese hanno esigenze diverse rispetto al resto d’Europa”.

Transizione 4.0, le prime indiscrezioni 

Risorse per venticinque miliardi di euro a valere sui fondi del Recovery Plan, proroga fino al 2022, aliquote aumentate per il 2021, nuovi massimali e possibilità di compensazione più rapida. Sono questi i termini su cui sarebbe stata raggiunta l’intesa tra il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione al nuovo piano Transizione 4.0. A svelarli un articolo firmato da Carmine Fotina su Il Sole 24 Ore del 6 novembre.

Cominciamo dal periodo. L’attuale piano, che scade a dicembre 2020 con possibilità di consegne fino a giugno 2021, sarebbe rinnovato per due anni (e non per tre, come inizialmente annunciato), con una particolarità: la nuova impalcatura, che  partirà con l’entrata in vigore della legge di bilancio a gennaio 2021, si estenderebbe retroattivamente anche agli investimenti effettuati negli ultimi due mesi del 2020, dal 1 novembre.

Il termine della misura viene fissato al 31/12/2022, con possibilità di portare le consegne fino al 30 giugno 2023 in caso di versamento di un acconto pari ad almeno il 20% dell’ordine.

Saranno rivisti tetti e aliquote di tutti gli incentivi parte del piano Transizione 4.0.

I beni strumentali semplici

Quanto ai beni strumentali semplici, cioè tutti i beni strumentali non 4.0 (ex superammortamento) l’aliquota passerebbe, sempre solo per il 2021, dall’attuale 6% al 10%. Secondo le indiscrezioni de Il Sole 24 Ore l’agevolazione varrebbe “per investimenti effettuati da soggetti con ricavi o compensi inferiori a 5 milioni”. Nessun cenno al tetto dell’incentivo, attualmente fissato a un monte acquisti di 2 milioni di euro. Curiosamente, il periodo per la compensazione passerebbe da 5 anni a 1 anno (scenario sul quale ci permettiamo di esprimere dei forti dubbi).

Sarebbe infine prevista una maggiorazione speciale per quei beni strumentali funzionali all’implementazione dello smart working, per i quali l’aliquota salirebbe al 15%.

I software

Per quanto riguarda i beni immateriali ricompresi nell’allegato B (i cosiddetti software 4.0), l’aliquota attuale del 15% verrebbe innalzata al 20%, con un massimale che salirebbe da 700.000 euro a 1 milione (anche in questo caso soltanto per il primo dei due anni di vigenza della nuova piattaforma).

Importante novità è che sarebbe introdotto un incentivo anche per l’acquisizione di altri software non riconducibili espressamente ai processi di digital transformation secondo il paradigma di Industria 4.0. In questo caso, il credito d’imposta è pari al 6%.

Il periodo di compensazione per i beni immateriali viene portato a 1 anno.

Credito d’imposta per Ricerca, Sviluppo, Innovazione

Anche per il credito d’imposta per Ricerca, Sviluppo, Innovazione ci sarebbero significative novità.

Il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, attualmente pari al 12% con massimale di 3 milioni, salirebbe al 20% con massimale a 5 milioni.

Il credito d’imposta per le attività di innovazione tecnologica salirebbe invece dall’attuale 6% al 10% con massimale in aumento da 1,5 a 3 milioni.

L’attuale aliquota riservata ai progetti di innovazione volti ad favorire digitalizzazione e sostenibilità, che oggi vale il 10%, verrebbe portata al 15%.

Infine, il credito d’imposta per le attività di design e ideazione estetica, attualmente pari al 6%, sarebbe alzato al 15% con raddoppio del tetto da 1,5 milioni a 3 milioni.

Le nuove aliquote e i massimali relativi al credito d’imposta per le attività di Ricerca, Sviluppo e Innovazione sarebbero valide per tutti i due anni di proroga e non solo per il primo, come invece nel caso dei beni strumentali.

La formazione 4.0

Novità in vista anche per l’incentivo meno “amato dagli Italiani”, cioè il credito d’imposta per la cosiddetta Formazione 4.0. Al momento la misura copre, con aliquote differenziate comprese tra il 30% e il 50% a seconda delle dimensioni aziendali, il costo orario della manodopera occupata nei percorsi di formazione. Per esempio, una piccola impresa che organizza un corso da 20 ore per tre dipendenti il cui costo orario è pari a 20 euro l’ora riceve un credito d’imposta di 600 euro (3 x 20 x 20 x 50%).

La novità sarebbe che tra i costi ammissibili, come richiesto a più riprese dagli imprenditori, siano incluse anche le spese dirette (leggasi il costo dei formatori ed eventuali spese connesse, ad esempio l’affitto del locale o di attrezzature strettamente necessarie) e non solo il costo orario dei dipendenti in formazione.

Il nuovo impianto del piano Transizione 4.0: che cosa convince e che cosa no

Le indiscrezioni emerse  in questi giorni sul nuovo impianto del piano Transizione 4.0, che sarà rafforzato e prorogato nella prossima legge di bilancio facendo leva sui fondi del NextGenEU, stanno scatenando la reazione nel mondo dell’industria manifatturiera.

Diciamolo subito: le misure previste soddisfano in larga parte le aspettative delle imprese, ma ci sono ancora alcuni aspetti che lasciano perplessi.

Ne abbiamo parlato con Massimo Carboniero, amministratore delegato di Omera, che è stato alla guida di Ucimu – Sistemi per Produrre fino al mese scorso, quando ha lasciato il timone nelle mani della neoeletta presidente Barbara Colombo. Nel corso del suo mandato Carboniero è stato testimone di ascesa e decadenza del mercato, dal periodo del boom del mercato della Macchina Utensile (2017-2018) alla pesante contrazione dell’ultimo anno. Ma soprattutto ha lavorato a stretto contatto con tutte le istituzioni per arrivare a una riformulazione del piano Transizione 4.0 in grado di restituire vigore agli incentivi e alla competitività del  sistema manifatturiero  italiano.Vediamo insieme quali sono gli aspetti che convincono e i punti di maggiore criticità.

L’avvio anticipato e la durata

“Sono felice – dice Carboniero – che il Governo abbia accolto la nostra richiesta di far partire gli incentivi già per gli acquisti effettuati a partire da novembre 2019”. La ratio di questa misura è semplice: se oggi fossero annunciate condizioni più vantaggiose da gennaio 2021, allora nessuno investirebbe a novembre e dicembre 2020, andando ad aggravare una situazione già complessa di suo. Ecco perché la legge di bilancio dovrebbe prevedere la possibilità di anticipare la validità delle nuove condizioni già agli investimenti di questi ultimi due mesi. Naturalmente l’imprenditore ha bisogno di certezze e quindi questa anticipazione avrà senso solo se il Governo si deciderà a presentare il nuovo piano al più presto, nelle prossime settimane, senza aspettare il varo ufficiale della legge di bilancio a fine dicembre.

A non convincere è la durata del nuovo piano. Il ministro Stefano Patuanelli aveva parlato di un orizzonte quinquennale, poi triennale. Al momento invece si parla di una scadenza al dicembre 2022 con proroga delle consegne al giugno 2023 per gli ordini confermati da un acconto pari al 20%. “Quello della durata è un punto critico”, dice Carboniero. “Da anni insistiamo per dare agli imprenditori un’orizzonte pluriennale che permetta loro una pianificazione oculata degli investimenti. Su questo punto mi sarebbe piaciuto vedere uno sforzo maggiore”.

Va anche detto che le cifre di cui si parla – 25 miliardi – sembrano sovradimensionate rispetto a questo orizzonte temporale: l’attuale piano vale 7 miliardi, mentre qui parliamo di circa 25 miliardi per due anni e l’aumento delle aliquote e dei massimali è previsto, nel caso dei beni strumentali, solo per il primo anno. C’è poi l’incognita del tiraggio di queste misure in un momento di grave incertezza economica. Insomma, stanziare risorse che poi dovessero rimanere nelle casse del Ministero, quando sarebbe possibile forse sin d’ora prevederne una durata maggiore, sarebbe un errore imperdonabile.

Beni strumentali: nuovi tetti e aliquote maggiorate

L’aumento delle aliquote ha lasciato un po’ sorpresi: su questo punto infatti il Governo sembrerebbe spingere di più dove non ce lo si aspettava e meno dove invece c’era maggiore richiesta. Vediamo in questo specchietto le aliquote attuali, quelle richieste da Confindustria e quelle trapelate in questi giorni.

StrumentiAliquota 2020Richiesta ConfindustriaIpotesi 2021Ipotesi 2022
Beni strumentali (ex super ammortamento)6% fino a 2 mln15%10% (15% per smart working)6%
Beni 4.0 (all. A)40% fino a 2,5 mln20% tra 2,5 e 10 mlnstesse aliquote, ma con cedibilità del credito40% o 50% fino a 4 mln30% tra 4 mln e 10 mln10% tra 10 mln e 20 mln40% fino a 2,5 mln20% tra 2,5 e 10 mln

Come si può vedere, verrebbe spinto ancora di più, almeno per il 2021, l’acquisto dei beni 4.0 con un aumento sia delle aliquote (non richiesto da Confindustria) che dei massimali. Al contrario la spinta sui beni materiali tradizionali è inferiore alle richieste. “Su questo punto restano da chiarire dei dubbi sul tetto, se resterà a 2 milioni o sarà aumentato”, commenta Carboniero, che si dice inoltre d’accordo sul boost delle aliquote per il primo anno. “È corretto perché, senza intaccare la convenienza del sistema anche per l’anno successivo, offre un maggiore premio a chi smobilizza gli incentivi nel primo anno, contribuendo alla ripresa degli investimenti privati”, dice.

Per i beni materiali semplici sarebbe inoltre prevista una maggiorazione speciale laddove i beni strumentali acquisiti sarebbero funzionali all’implementazione dello smart working, passando (verosimilmente solo per il primo anno) dal 10% al 15%.

Il periodo di compensazione del credito

Al momento non si hanno informazioni sulla possibile introduzione della cedibilità del credito d’imposta sulla falsariga di quanto già previsto per il Superbonus (oggi la cessione del credito è espressamente vietata). Tuttavia il Governo sembrerebbe intenzionato ad accorciare il tempo di rientro del beneficio fiscale.

Dalle indiscrezioni emerse si parla di una riduzione da 5 anni a 3 anni per il periodo di compensazione relativo all’acquisto dei beni strumentali (sia 4.0 che non), mentre ci sarebbe un’ulteriore riduzione a 1 anno per le imprese con fatturato inferiore a 5 milioni di euro. La prima compensazione, inoltre, sarebbe possibile già dall’anno in cui si verifica l’interconnessione (nel caso dei beni 4.0).

Si tratta di un importante vantaggio, se la riduzione del periodo di compensazione resta una facoltà dell’acquirente. Viceversa questa soluzione rischia di diventare un’arma a doppio taglio. Soprattutto nel caso di crediti d’imposta importanti, infatti, spalmare un beneficio di diverse centinaia di migliaia di euro in meno tempo potrebbe risultare impossibile. Stessa difficoltà potrebbero affrontare gli imprenditori agricoli che avrebbero invece minori voci su cui far valere la compensazione.

I software

Per quanto riguarda i beni immateriali ricompresi nell’allegato B (i cosiddetti software 4.0), l’aliquota attuale del 15% verrebbe innalzata al 20%, con un massimale che salirebbe da 700.000 euro a 1 milione (anche in questo caso soltanto per il primo dei due anni di vigenza della nuova piattaforma).

Importante novità è che sarebbe introdotto un incentivo anche per l’acquisizione di altri software non riconducibili espressamente ai processi di digital transformation secondo il paradigma di Industria 4.0. In questo caso, il credito d’imposta è pari al 6%.

Il periodo di compensazione per i beni immateriali viene portato a 1 anno.


Beni immateriali “4.0” (all. B)15% fino a 700.000 euro20%20% fino a 1 mln15% fino a 700.000 euro
Altri beni immateriali6% e 10% (a seconda della tipologia?)6% e 10%

Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design

Per quanto riguarda invece il credito d’imposta in Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design la situazione sarebbe la seguente.


StrumentiAliquota 2020Richiesta ConfindustriaIpotesi 2021Ipotesi 2022
Credito Ricerca e Sviluppo12%25% (50% per startup e pmi innovative)20%20%
Credito Innovazione6%12%10%10%
Progetti di Innovazione 4.0 e green10%15%15%15%
Credito d’imposta per Design6%10%15%15%

Il potenziamento di tutte le aliquote appare evidente, così come piace l’idea di mantenerlo per l’intero biennio: un investimento in progettualità non funziona come l’acquisto di un bene strumentale. Dal momento in cui è stata eliminata, con la riforma del 2020, la logica dell’investimento incrementale, ha senso stimolare anche investimenti pluriennali.

La formazione 4.0

Importanti le novità previste per il credito d’imposta per la cosiddetta Formazione 4.0.

Al momento la misura copre, con aliquote differenziate comprese tra il 30% e il 50% a seconda delle dimensioni aziendali, solo il costo orario della manodopera occupata nei percorsi di formazione.

Una misura che non ha avuto successo probabilmente perché gli oneri burocratici per la fruizione erano troppo alti rispetto a un beneficio che spesso era di poche migliaia di euro.

Il nuovo impianto prevederebbe invece che tra i costi ammissibili, come richiesto a più riprese dagli imprenditori, siano incluse anche le spese dirette, cioè sicuramente il costo dei formatori, ma anche eventuali spese connesse, ad esempio l’affitto del locale o di attrezzature strettamente necessarie. “Da anni stiamo dicendo al Governo che questa era la direzione verso la quale bisognava andare”, dice Carboniero. “Per le imprese è fondamentale avere dei dipendenti che siano formati adeguatamente sulle nuove tecnologie e il sistema attuale offriva, all’atto pratico, delle premialità troppo basse”.

Restando in tema formazione, c’è poi il nodo degli Istituti Tecnici Superiori (ITS). “È l’altro grande capitolo su cui occorre investire”, dice Carboniero. “In Italia c’è una domanda di professionalità che non trova soddisfazione nei numeri che il sistema attuale riesce a produrre”.

Tra le misure allo studio sul tema – ricordiamolo – ci sarebbe un maggiore incentivo alle aziende che intendono finanziare gli ITS e un maggior numero di borse di studio per gli studenti.

Fonte Innovation post


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