Investimenti entro novembre per i BONUS BENI STRUMENTALI

RAMSES GROUP NEWS n. 505 – 15 febbraio 2023

Slitta di due mesi il termine per completare gli acquisti prenotati entro fine 2022

La proroga riguarda sia gli investimenti ordinari che quelli «Industria 4.0»

Slitta al 30 novembre il termine per completare gli investimenti ordinari e quelli 4.0, che sono stati “prenotati” entro il 31 dicembre 2022, usufruendo dei crediti d’imposta in vigore lo scorso anno. Lo prevede un emendamento al decreto Milleproroghe approvato in commissione al Senato. Dopo la proroga al 30 settembre disposta dalla legge di bilancio, cambia nuovamente il quadro degli incentivi per gli investimenti delle imprese. Resta invece ferma al 30 giugno la scadenza per usufruire della aliquota maggiorata 50% sugli investimenti in software 4.0 prenotati nel 2022.

Scadenze in movimento

Il legislatore continua ad apportare piccoli ritocchi al quadro, già di per sé estremamente complesso, degli incentivi agli investimenti delle imprese. Un emendamento al mille proroghe approvato ieri in Senato interviene con due proroghe riguardanti il completamento degli investimenti prenotati entro la fine del 2022.

In primo luogo, si interviene portando al 30 novembre 2023 la data ultima, già prorogata dalla legge di bilancio al 30 settembre, per effettuare investimenti in beni materiali con caratteristiche «Industria 4.0» (allegato A della legge 232/2016) che sono  stati validamente “prenotati” entro il 31 dicembre 2022 (ordine confermato accompagnato dal pagamento di un acconto di importo non inferiore al 20%), mantenendo in tal modo l’agevolazione con la griglia di crediti di imposta prevista dal comma 1057 della legge 178/2020 e dunque 40% fino a 2,5 milioni; 20% tra 2,5 e 10 milioni; 10% tra 10 e 20 milioni.

Del tutto nuovo è invece il secondo intervento, che fa slittare alla medesima data del 30 novembre il termine per completare gli investimenti nei beni materiali e immateriali “ordinari” previsti dal comma 1055 della della legge 178/2020, sempre qualora “prenotati” entro il 2022. Per questi investimenti è prevista una percentuale del 6% con un tetto di spesa di 2 milioni (materiali) e di 1 milione (immateriali).

Investimenti 2023

Decorso tale termine (ovvero nel caso in cui manchi una valida prenotazione nel 2022), gli investimenti “ordinari” non saranno più agevolabili, mentre per quelli in beni materiali 4.0 si potrà usufruire delle aliquote dimezzate previste dal comma 1057-bis: 20% fino a 2,5 milioni; 10% tra 2,5 e 10 milioni; 5% oltre 10 milioni e fino a 20 milioni. L’attuale agevolazione copre gli investimenti effettuati dal 2023 a tutto il 2025 (con la solita coda temporale del primo semestre successivo a fronte di prenotazioni) con applicazione di scaglioni distintamente per ogni singolo anno (circolare 14/E/2022).

Per quanto attiene agli investimenti in beni immateriali 4.0 (allegato B alla legge 232/2016) è previsto (comma 1058 della legge 178/2020) un credito di imposta pari al 20% del costo sostenuto, fino a un tetto di spesa pari a 1 milione di euro (annuale), nel periodo compreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 dicembre 2023, con coda al 30 giugno 2024 in presenza di “prenotazioni” entro fine 2023. Il Dl 50/2022 ha introdotto, per gli    acquisti effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2022 un tax credit potenziato al 50% del costo. In questo caso, però, è rimasta ferma al 30 giugno 2023 la data entro cui completare l’acquisto da parte di chi ha prenotato il bene immateriale entro la fine dello scorso esercizio. Nel corrente anno 2023 (senza prenotazione precedente) il tax credit torna al 20 per cento.

Il quadro per i prossimi anni

Per i beni strumentali materiali 4.0, come detto, la agevolazione vigente nel 2023 si ripropone anche per gli anni successivi sino al primo semestre 2026.

Per i beni immateriali 4.0, all’attuale quadro di agevolazioni (che scade al primo semestre 2024 per chi ha prenotato entro la fine di quest’anno) faranno invece seguito due distinti periodi. Nel 2024 (con la coda temporale del primo semestre 2025), il credito scenderà dal 20% al 15%. Nel 2025 (con la coda temporale del primo semestre 2026), infine, il credito passerà al 10%. Anche se ormai le imprese sono particolarmente attente ad individuare i termini per effettuare gli investimenti, vale la pena di ribadire qual è il momento da considerare a questi fini.

Se non vi sono particolari condizioni nei contratti che spostano in avanti il passaggio della proprietà, l’investimento si ha per effettuato alla consegna o spedizione per i beni acquistati o acquisiti in leasing, ovvero alla data di ultimazione della prestazione (accettazione dell’opera da parte del committente) per gli investimenti in appalto.

Fonte Il sole 24 ore

Industria 4.0, un paradigma in decadenza: cosa succede e perché serve un intervento politico

L’attuale scenario socio economico globale sembra aver messo un po’ in secondo piano il concetto di Industria 4.0, fino a qualche anno fa al centro dell’attenzione: indaghiamo i motivi di questa situazione

C’era un tempo in cui dire 4.0 o meglio Industria 4.0 era come pronunciare una parolina magica. Gli anni di cui stiamo parlando sono quelli del 2016 e dintorni. Sono gli anni in cui l’Italia cerca di inseguire, da buon Paese manifatturiero, l’ammodernamento del proprio parco macchinari (e Ucimu di Confindustria vede raddoppiati e triplicati gli investimenti delle imprese in questo senso). Sono gli anni di Calenda, supportato dall’allora presidente del Consiglio Renzi, dell’iperammortamento, delle grandi presentazioni, del telegiornale che apre con questi temi l’edizione serale.

Poi sono venuti Covid, guerra, inflazione, insomma l’Industria 4.0 esce dal campo di gioco, se ne parla meno, fino a quasi scomparire dai radar della politica, ma anche delle associazioni degli imprenditori. Di tanto in tanto ne fa cenno Carlo Bonomi, e poco più

Industria 4.0, oggi la notizia è la non notizia

Oggi l’argomento in questione è poco supportato, proprio nel momento in cui l’Europa e i paesi più evoluti spingono verso Industria 4.0, ma la politica preferisce discutere di Zelensky si o no a Sanremo, piuttosto che delle parole spese a sproposito da qualche parlamentare di maggioranza o opposizione, poco importa. Quindi oggi la notizia è la non notizia, ovvero il fatto che intorno ad Industria 4.0 e i suoi incentivi e relative politiche, sia sceso il silenzio pneumatico.

Ma il Paese ha bisogno come il sale di ripensare i processi produttivi delle imprese, se vogliamo essere competitivi sui diversi mercati. Certo oggi c’è Transizione 4.0 che è un termine utilizzato per descrivere la quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dall’adozione di tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale, l’Internet of Things, la robotica e la biotecnologia. Questa transizione sta modificando profondamente il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo tra di noi. La “Transizione 4.0” rappresenta un’opportunità per aumentare l’efficienza e la produttività, ma anche per affrontare sfide importanti come la disoccupazione tecnologica e l’impatto sociale e ambientale.

Ma questa non è Industria 4.0. L’Industria 4.0 è un concetto che fa riferimento anch’esso alla quarta rivoluzione industriale, con  adozione di tecnologie avanzate, per migliorare la produzione, la logistica e la supply chain. L’Industria 4.0 mira a creare in buona sostanza un’industria più intelligente, flessibile e interconnessa, in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di fornire soluzioni personalizzate per i clienti. Questa rivoluzione industriale sta trasformando profondamente il modo in cui le aziende operano, creando nuove opportunità per aumentare l’efficienza, la qualità e la sostenibilità.

Industria 4.0 e Transizione 4.0 sono due termini spesso usati in modo intercambiabile, ma ci sono alcune differenze sostanziali tra di loro. Infatti Industria 4.0 si riferisce specificamente alla rivoluzione industriale in corso, che sta trasformando profondamente la produzione e la supply chain. Si concentra sulle tecnologie che stanno cambiando la produzione e su come le aziende possono adottare queste tecnologie per migliorare la loro efficienza e flessibilità. Transizione 4.0, viceversa, è un termine più ampio che si riferisce alla quarta rivoluzione industriale e al suo impatto sulla società nel suo insieme. Comprende l’Industria 4.0, ma si estende anche ad altri settori, come l’educazione, la sanità e il lavoro. La “Transizione 4.0” riguarda i cambiamenti che stanno avvenendo a livello globale e come questi cambiamenti stanno influenzando la vita quotidiana delle persone.

Perché Industria 4.0 è al palo

Ma perché Industria 4.0 è al palo? Indubbiamente la colpa principale è della politica che non coglie quanto sia strategico per il nostro futuro il tema Industria 4.0. Indubbiamente la riduzione e soprattutto l’oscillazione di anno in anno dei vari iperammortamenti ha certamente influito sull’aumento del disinteresse, ma le aziende – è giusto dire – si sono più  concentrate sul rientro economico che sull utilità reale dell incentivo. Mi spiego meglio: hanno cercato di ottenere i contributi statli sotto forma di incentivi (magari comprando macchinari alle volte pure inutili), piuttosto che investire sui processi, sul ripensamento della fabbrica in chiave prodotto/servizio, ovvero saper comprendere l’importanza dello sviluppo di un identità digitale legata alla produzione. Software, dati, e macchinari! Questi sono i temi non solo l’incentivo economico! Il tema vero di questi investimenti é la crescita e l’utilità che questi possono portare domani all’azienda! Non il credito di imposta ricevuto oggi. Ciò non toglie che gli incentivi sono stati importanti per le nostre imprese e speriamo lo siano – magari in maniera più stabile – nei prossimi anni.

E che dire di Digital Innovation Hub e Competence Center? Anche qui i finanziamenti sono fermi da almeno sei mesi e soprattutto il piano per la specializzazione dei Competence Center non decolla. Ricordiamo ad esempio che entro tre anni dalla fondazione i Competence Center avrebbero dovuto iniziare a correre con le proprie gambe, ovvero contributi privati. Nulla è accaduto, risultato sono strutture perlopiù mantenute dallo Stato o alla meglio si sono dati alla formazione, quando erano stati applauditi, sullo stile Fraunhofer tedeschi, come centri di ricerca e sviluppo al servizio delle imprese.

Lo scenario

Oggettivamente però stiamo perdendo colpi rispetto ai Paesi capofila del cambiamento dell’Unione Europea, ma qualcosa bolle in pentola. Nei corridoi di Confindustria si vociferava qualche giorno fa che nell’ultima trasferta che hanno fatto assieme il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quest’ultima gli avrebbe detto che intende portare il 4.0, o qualcosa di strutturale in Consiglio dei Ministri. Noi ovviamente aspettiamo fiduciosi e speriamo questa intenzione diventi concreta.

Fonte da NETWORK DIGITAL 360 AGENDA DIGITALE

Aiuti di Stato, Urso: “Per l’industria serve un Piano europeo più ambizioso”

È un giudizio solo in parte positivo quello che giunge dal Ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sul Green Deal Industrial Plan e sulla revisione del Quadro temporaneo degli aiuti di Stato, due strategie proposte dalla Commissione per accelerare la transizione dell’industria europea verso la sostenibilità e competere con le risorse messe in campo da Cina e Usa.

Secondo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la comunicazione della Commissione europea è infatti una base di partenza che può e deve essere migliorata, per diventare davvero efficace. La proposta infatti mostrerebbe una prospettiva parziale del dibattito in corso sulla nuova politica industriale europea, come risposta alla sfida della competitività, sullo sfondo del duplice obiettivo della transizione verde e digitale.

Ed è questa la posizione che il Ministero ha portato in Europa, nell’ambito di una serie di incontri con i ministri di Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia. Nei prossimi giorni sono previsti altri incontri con i Ministri di Svezia, Portogallo, Croazia, Spagna, Austria e Cipro e con il Commissario europeo Thierry Breton.

Incontri che hanno dato il via alla fase di negoziato, che proseguirà per due mesi sino al Consiglio europeo del 23-24 marzo. Gli incontri saranno anche l’occasione per Mimit per presentare anche quattro proposte italiane mirate a una “politica industriale europea assertiva, competitiva e solidale”.

Le quattro proposte italiane

Secondo il Ministro Urso occorre elevare il livello di ambizione, in particolare sul piano delle risorse.

“Il documento di base si incentra solo sulle modalità che agevolano l’accesso delle imprese ai benefici fiscali, sulla semplificazione delle regole sugli aiuti di Stato e sui nuovi indirizzi dei fondi esistenti verso le industrie clean-tech, fattori necessari ma non sufficienti per garantire l’efficacia dell’azione europea”, commenta.

Il Ministro, inoltre, si sofferma sull’ancora poca chiarezza che ruota intorno al Fondo sovrano europeo, che dovrebbe essere creato dalla Commissione per supportare la doppia transizione (verde e digitale) dell’industria.

“Occorre maggior ambizione, oggi più che mai è necessaria una politica europea, assertiva, competitiva e solidale”, aggiunge Urso.

Il documento redatto dal Mimit e presentato nell’occasione dei primi incontri con i corrispettivi ministri di Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia e che racchiude la posizione italiana in materia, si basa invece su quattro principi che renderebbero davvero efficace la proposta europea, ovvero:

  • agire in una logica di “pacchetto sull’industria”
  • migliorare la proposta di revisione delle regole europee sugli aiuti di Stato per garantire un’effettiva ed efficace semplificazione e velocizzazione delle procedure
  • affermare con chiarezza il principio di solidarietà, che è a fondamento della casa comune europea
  • definire con chiarezza i settori da supportare e le modalità di finanziamento, funzionamento e le tempistiche di attivazione del Fondo sovrano europeo, assolutamente necessario per sostenere il sistema delle imprese in una logica di coesione e competitività

Poca chiarezza e rischio di aumentare la disparità tra i Paesi

La comunicazione a cui si riferisce il Ministro Urso, ricordiamo, è quella inviata dalla Commissione europea ai governi degli Stati membri per sottoporre a consultazione la  proposta di revisione del quadro temporaneo di aiuti di stato       (Temporary Crisis Framework, ora Temporary Crisis and Transition Framework).

Nella stessa giornata, la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva anche presentato ufficialmente il   GREEN DEAL  INDUSTRIAL PLAN     come aveva anticipato nel corso del suo intervento al World Manufacturing Forum di Davos.

Una revisione che la Commissione europea ha proposto da un lato per allargare lo scopo dei sussidi per includere anche progetti di transizione sostenibile dell’industria – il framework, ricordiamo, era stato creato con lo scopo di supportare le imprese europee impattate dalle conseguenze del conflitto russo-ucraino – e, dall’altro, per permettere agli Stati membri di offrire, con i propri fondi, aiuti di Stato per trattenere sul territorio le produzioni legate alle tecnologie green a rischio di delocalizzazione.

Questa revisione, spiega il Ministro, “deve aver luogo contestualmente a quella sulla revisione della governance economica e sulla necessità di costruire una capacità fiscale centrale, sulla scorta dell’esperienza positiva di NextGenerationEU e/o SURE. La decisione deve essere complessiva per essere davvero unitaria e quindi efficace”.

Il ministro, inoltre, sottolinea la necessità di migliorare ulteriormente la proposta per garantire un’effettiva ed efficace semplificazione e velocizzazione delle procedure, premessa necessaria per una reale competitività delle imprese europee.

La proposta della Commissione, ricordiamo, include strumenti come il rialzo dei massimali al di sotto dei quali gli aiuti “green” possono essere concessi senza notifica alla Commissione e altre disposizioni per facilitare e accelerare gli investimenti, soprattutto in materia di tecnologie strategiche alla transizione verso un’industria net-zero.

Tuttavia, per il Mimit le proposte avanzate non sono adeguate a garantire l’effettivo snellimento delle procedure, con un conseguente aumento degli investimenti.

“Questo è tanto più importante per i settori strategici, sui quali si misura la competitività globale (es: semiconduttori, materie prime, energia, difesa e aerospazio, strumenti bio e ad alta tecnologia)”, spiega urso.

Il Ministro ribadisce, inoltre, la necessità di garantire che non vi siano differenti potenzialità nell’utilizzo degli strumenti che di fatto favoriscano i Paesi con maggior capacità fiscale, con il rischio di frammentare il Mercato Interno e di aumentare il divario socio economico tra paesi e aree dell’Unione.

Se, infatti, i dati inerenti all’utilizzo degli aiuti di Stato hanno già confermato una situazione di disparità – con Germania e Francia responsabili di quasi l’80% degli aiuti di Stato notificati finora nell’ambito del Quadro temporaneo di crisi –, la stessa Vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, ha parlato di riforma temporanea proprio per i rischi che comporterebbe sia al mercato unico europeo che alla coesione dell’Unione.

Prioritario, per Urso, è invece definire al più presto e con chiarezza i settori da supportare e le modalità di finanziamento, funzionamento e le tempistiche di attivazione del Fondo sovrano europeo, “assolutamente necessario per sostenere il sistema delle imprese in una logica di coesione e competitività”.

Fonte  INNOVATION  POST

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