Incentivi dimezzati o scaduti: Industria 4.0 sempre più debole

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RAMSES GROUP NEWS n. 487 – 17 gennaio 2023

Scende dal 40 al 20% il bonus più alto per il digitale, quello R&S invece dal 20 al 10%Miniproroga per le consegne – Stop a formazione 4.0 e superammortamento

Il 2023 rischia di essere ricordato come l’anno del definitivo ridimensionamento di quello che era nato con grande enfasi come piano Industria 4.0. Lontano dai riflettori della legge di bilancio, puntati soprattutto sulle misure contro il caro-energia, si sta concretizzando una retromarcia generale su questa categoria di incentivi per gli investimenti. Dal 1° gennaio 2023 il credito d’imposta per le spese in beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati è in vigore con aliquote dimezzate rispetto al 2022. Il ministero delle Imprese e del made in Italy sta lavorando per un ripristino del precedente schema nei prossimi mesi, ma bisogna sbloccare un complesso negoziato con la Commissione europea sull’impiego dei residui delle risorse del Pnrr.

Invece non sono più in vigore il credito di imposta per gli investimenti in attività di formazione su tecnologie 4.0 e quello per i beni strumentali ordinari, sia materiali (tra i quali rientravano i veicoli commerciali) sia immateriali, in sostanza i software di base. Va detto che quest’ultima misura, che aveva sostituito il vecchio superammortamento, veniva abbinata al piano Transizione 4.0 in modo molto estensivo, trattandosi in realtà di un’agevolazione al rinnovo del parco macchinari tradizionali, non funzionali alla digitalizzazione.

Per questo vale la pena soffermarsi soprattutto sui cambiamenti che riguardano proprio gli investimenti per il digitale, premettendo che forse sull’intero piano 4.0 c’è una riflessione in corso da parte dei tecnici di governo anche in considerazione di contestazioni che, in alcuni casi specifici, sarebbero state mosse dall’agenzia delle Entrate sulla natura degli investimenti agevolati.

Ad ogni modo, dal 1° gennaio 2023, il credito di imposta per investimenti in beni materiali 4.0 si è ridotto dal 40 al 20% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni; dal 20% al 10% per investimenti oltre i 2,5 milioni e fino a 10 milioni; dal 10% al 5% da 10 milioni e fino al limite di costi complessivamente ammissibili di 20 milioni. Nel caso di beni immateriali, quindi software avanzati comprese soluzioni di cloud computing, il credito d’imposta è sceso dal 50% al 20% nel limite di 1 milione di euro.

Si dimezzano anche gli aiuti per l’attività R&S. Il tax credit per ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale cala dal 20% al 10%, quello per innovazione tecnologica 4.0 e “green” dal 15 al 10%.

In questo clima di generale stallo sul piano Transizione 4.0 è rimasto impantanato il decreto attuativo, previsto dal Dl Sostegni ter, che avrebbe dovuto innalzare la soglia, da 20 a 50 milioni, per gli investimenti che sono incentivabili con un credito d’imposta del 5%, se inclusi nel Pnrr e diretti alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica. Si era a lungo parlato, nelle settimane che hanno preceduto l’approvazione della manovra, del possibile salvataggio per il 2023 almeno del credito di imposta per la formazione 4.0 ma alla fine non c’è stato spazio per una proroga. Bisognerà capire anche in questo caso se, nei prossimi mesi, ci saranno margini per rimettere in piedi l’incentivo, magari in una versione rivista.

L’unico intervento entrato in legge di bilancio è stata la mini proroga, di tre mesi, per le consegne dei beni strumentali digitali per i quali nel 2022 è stato versato al fornitore un acconto di almeno il 20%. Per accedere all’incentivo (con le aliquote vigenti al 2022) le aziende potranno farsi consegnare il bene fino al 30 settembre 2023 e non più fino al 30 giugno. L’ipotesi del ministero delle Imprese e del made in Italy – varare una proroga di sei mesi, fino a dicembre – è saltata all’ultimo momento ma potrebbe essere recuperata con un emendamento al decreto milleproroghe.

Fonte IL SOLE 24 ORE 

Nessuna proroga: investimenti software 4.0 e ordinari

Gli investimenti in beni immateriali 4.0 (allegato B, legge 232/2016fino a un milione di costo effettuati nell’anno 2022, oppure entro il 30 giugno 2023 in presenza di prenotazione entro il 31 dicembre 2022, beneficiano di un credito d’imposta del 50% invece che del 20% (percentuale in vigore dal primo gennaio 2023). Per questi investimenti non è previsto nessuno slittamento per sfruttare il credito maggiorato: la scadenza del primo semestre 2023 rimane invariata.

Non ci sono proroghe nemmeno per il completamento degli investimenti in beni ordinari (come computer, server, arredamento, carrelli elevatori, impianti di riscaldamento o condizionamento, autocarri…) prenotati entro la fine di quest’anno. Al fine di ottenere il credito d’imposta del 6%, resta confermata la scadenza del 30 giugno 2023 per l’effettuazione dell’investimento. Dal 2023, per questi investimenti “non 4.0” non è più previsto nessun credito di imposta.

Urso chiede una politica industriale europea e annuncia una ‘manovrina’ per le imprese in primavera se i prezzi dell’Energia lo permetteranno

Il ministro delle imprese e del Made In Italy Adolfo Urso, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, ha fatto il punto sulle priorità che il Governo intende porre all’attenzione della Commissione Europea, in vista del piano di politica industriale europea che sarà presentato dalla Commissione entro fine gennaio.

In primo piano c’è la “madre” di tutte le questioni, cioè il ruolo che l’Europa deve giocare come attore sugli scenari internazionali: a fronte delle misure prese dal Governo degli Stati Uniti, che prevede, accanto a importanti aiuti  sul tema dell’energia e all’industria, misure protezionistiche, sarebbe sbagliato rispondere la stessa moneta e soprattutto con reazioni individuali da parte dei singoli Paesi.

Sarebbe “una strada perdente e comunque impossibile da prefigurare”, dice il Ministro: “non si può spaccare l’Occidente a fronte della guerra della Russia alla frontiera dell’Europa”.

“Una risposta alta e condivisa dell’Europa”

Scendendo nel merito, Urso dice che la riforma degli aiuti di Stato, che darebbe di fatto mano libera ai Paesi per interventi protezionistici, “di fatto consentirebbe solo alla Germania e a pochi altri attori di utilizzare le proprie risorse per salvare le proprie imprese. Questo spaccherebbe l’Europa”.

Di fronte a questo scenario, l’Europa – spiega il Ministro – deve rispondere “come è stato fatto con la Pandemia e quindi con il Pnrr”. Mettere cioè a punto “un’autentica politica industriale europea che sia una risposta alta e condivisa a quella americana e ovviamente a quella cinese”.

Quali sono gli strumenti? Urso ne elenca quattro

  1. La riforma del Patto di stabilità che punti sullo sviluppo e solo allora sia “il presupposto della riforma degli aiuti di Stato”
  2. La condivisione di strumenti finanziari comuni, “attraverso anche la creazione di un fondo sovrano europeo”
  3. Una politica energetica europea che “punti alla autonomia e in prospettiva all’indipendenza energetica”
  4. Una ”che valorizzi la produzione e il lavoro europeo: buy european e carbon tax ma non solo”.

Una volta che l’Europa si sarà messa nelle condizioni di avere un sistema industriale “competitivo rispetto alle sfide di Usa e Cina”, allora “si potrà anche pensare a un’area di libero scambio euro-atlantica”, dice Urso.

Il fronte interno: una manovrina per le imprese se i prezzi dell’Energia lo permetteranno

Quanto all’azione del Governo sul fronte interno, Urso ha annunciato che a gennaio ci saranno una serie di tavoli con le imprese e i sindacati “proprio perché crediamo nel valore della rappresentanza e dei corpi intermedi” e perché “la coesione sociale è una delle nostre priorità”. Saranno incontri importanti – spiega Urso – anche “per sviluppare i due collegati alla legge di bilancio: quello sul made in Italy e quello di riforma degli incentivi”.

Infine Urso risponde alle critiche di chi ha sottolineato i pochi interventi a favore delle imprese NELL’ULTIMA LEGGE DI BILANCIO.

“Per ora il fronte resta l’emergenza energetica”, spiega il Ministro, ma laddove si dovesse confermare il calo del prezzo dell’energia “avremo fieno in cascina da destinare alla ripresa”.

Industria 4.0, Urso spera nel buon senso della Commissione Europea

I fari sono puntati soprattutto sul tema Industria 4.0, al quale il Governo non ha destinato risorse in legge di bilancio e che nel 2023 è letteralmente dimezzato rispetto al biennio appena concluso.

Su questo Urso conferma quanto anticipato qualche settimana fa: il Governo  E’ AL LAVORO  con la Commissione Europea per ottenere la possibilità di utilizzare la parte dei fondi del PNRR destinata al piano Transizione 4.0 (complessivamente 13,4 miliardi di cui oltre 3 non utilizzati) anche nel prossimo anno per “rifinanziare appieno gli strumenti che hanno avuto maggiore riscontro”.

Sul punto Urso, che sa di non avere il regolamento del PNRR dalla sua parte (come è noto infatti i fondi non utilizzati vanno persi, ndr), spiega di lavorare “perché prevalga il buon senso”.

Fonte Innovationpost

Verso un rialzo immediato delle aliquote

Che cosa sta accadendo dietro le quinte? È in corso un’interlocuzione da parte del Governo con l’Unione Europea per rimettere in gioco una parte delle risorse del PNRR assegnate al periodo che si conclude nel 2022 ma non ancora spese, come ha ammesso lo stesso ministro in un’intervista al Corriere della Sera del 3 dicembre, dove spiegava che il piano ha bisogno di essere rifinanziato e che a tale proposito “abbiamo attivato una interlocuzione con la Commissione per utilizzare le risorse del PNRR anche dopo la scadenza del 31 dicembre”.

Che cosa significa? Restando sul Transizione 4.0, le risorse assegnate al piano – 13,38 miliardi del RFF più 5,08 di fondo complementare – sono state utilizzate per finanziare le maxi aliquote che sono state in vigore nel periodo 2021-2022 e, con la fine di quest’anno, terminano il loro effetto (con l’eccezione delle consegne dei beni ordinati entro il 2022 che sono possibili fino a giugno 2023). Finita questa fase, a gennaio 2023 il piano dovrebbe entrare in una nuova fase finanziata esclusivamente dalle risorse del bilancio statale, e questa è la ragione per cui le aliquote subiscono un taglio così cospicuo.

Lo scopo dell’interlocuzione condotta da Raffaele Fitto, il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il PNRR, è di ottenere dalla Commissione la possibilità di differire al 2023 la parte di quelle risorse (si parla di poco meno di 4 miliardi di euro) che risulterà non sfruttata nel biennio 2021-2022 a causa della pandemia e dello scenario macroeconomico.

Si tratta di colloqui avviati e portati avanti con convinzione dal Governo, ma il cui esito non è scontato: le regole europee infatti condizionano l’erogazione delle risorse al raggiungimento di target. Ma proprio su questo l’Italia intende far leva: il target in termini di imprese raggiunte infatti dovrebbe essere raggiunto (circa 120.000 imprese); inoltre l’estensione della finestra temporale di utilizzo delle risorse si estenderebbe al 2023 restando quindi all’interno dell’arco temporale coperto dal PNRR.

Qualora l’interlocuzione dovesse andare a buon fine, il frutto di questa trattativa potrebbe portare – queste almeno sono le intenzioni del Governo – a un ripristino delle aliquote del 2022 anche per il 2023 e al rifinanziamento del credito d’imposta per la Formazione 4.0. Il tutto nell’ambito di un provvedimento che sarà fuori dalla legge di bilancio e che dovrebbe arrivare nei primi mesi del 2023.

Esiste – vale però la pena sottolinearlo ancora una volta – la possibilità che la UE dica di no, sottolineando come le regole del PNRR fossero chiare sin dal principio e le risorse allocate ma non sfruttate non siano recuperabili. In tal caso difficilmente l’Italia troverà altre risorse per finanziare un rialzo delle aliquote.

Per quanto riguarda la Formazione 4.0, il Governo – sempre se si troveranno le risorse – dovrebbe procedere sulla scia del decreto che disponeva l’aumento delle aliquote a condizione di effettuare le spese presso provider qualificati (di fatto mai entrato in vigore), dandovi finalmente seguito anche per il 2023. 

ATTUALMENTE NELLA FINANZIARIA 2023 LA FORMAZIONE 4.0 NON E’ STATA RIFINANZIATA SE SI TROVANO LE  SOMME NECESSARIE E SE LA COMUNITA’ EUROPEA SI COMPORTA COME SOPRA DECRITTO  SEMPRE IN PRIMAVERA NELLA MINI MANOVRA CHE VA AD INTERESSARE SIA I

BENI 4.O CREDITO IMPOSTA CHE LA FORMAZIONE 4.0 – NONCHE’ Ricerca, sviluppo, innovazione e design – LO SCHEMA DELLA TRANSIZIONE 4.0 POTREBBE ESSERE IL SEGUENTE 

Industria 4.0, Urso spera nel buon senso della Commissione Europea

I fari sono puntati soprattutto sul tema Industria 4.0, al quale il Governo non ha destinato risorse in legge di bilancio e che nel 2023 è letteralmente dimezzato rispetto al biennio appena concluso.

Su questo Urso conferma quanto anticipato qualche settimana fa: il Governo  E’ AL LAVORO con la Commissione Europea per ottenere la possibilità di utilizzare la parte dei fondi del PNRR destinata al piano Transizione 4.0 (complessivamente 13,4 miliardi di cui oltre 3 non utilizzati) anche nel prossimo anno per “rifinanziare appieno gli strumenti che hanno avuto maggiore riscontro”.

Sul punto Urso, che sa di non avere il regolamento del PNRR dalla sua parte (come è noto infatti i fondi non utilizzati vanno persi, ndr), spiega di lavorare “perché prevalga il buon senso”.

La revisione del piano dal 2024

In parallelo il Governo procederà anche a una revisione strutturale del Piano, che però diventerà operativa dal 2024. A questo si riferisce Urso quando dice che il Piano oggi “non si discosta troppo dall’impostazione del 2017, a distanza di oltre 6 anni necessita di una profonda revisione per recepire le esigenze imposte dal mutato contesto economico”.

Le ipotesi allo studio sono diverse, tutte nell’ottica di rendere strutturale questo pacchetto di incentivi. Si va da chi, come lo stesso Calenda, propone un ritorno a super e iperammortamento, a chi invece vuole rivedere gli elenchi delle merceologie inserite negli allegati A e B, fino a quelli che invece vorrebbero ampliare il campo d’azione del Piano Transizione 4.0 per includere gli incentivi a supporto della transizione green. Esiste poi anche l’idea di vincolare delle aliquote maggiorate al raggiungimento di determinati obiettivi occupazional

FONTE INNOVATION POST

Allo stato attuale della normativa il credito sui nuovi investimenti 4.0  E  NON  prevede:

  • Per i beni “ordinari” (quindi non qualificabili come 4.0) sia materiali che immateriali, un credito pari al 6% dell’investimento (con un limite massimo di spesa di 2 milioni per i beni materiali e di 1 milione per i beni immateriali) purché:
    • l’investimento sia completato entro il 31.12.2022
    • oppure, il bene sia consegnato entro il 30.06.2023 ma con prenotazione effettuata entro il 31.12.2022, quindi con acconto del 20% versato e accettazione dell’ordine da parte del fornitore entro il 31.12.2022.
      Il credito si azzererà del tutto per gli investimenti effettuati nel 2023.
  • Per i beni materiali “4.0” (ossia i beni di cui alla tabella A della legge 232/16) l’entità del credito per gli investimenti completati nel 2022 o “prenotati” nel 2022 e consegnati entro il 30.06.2023 è pari al 40% fino a 2,5 milioni, 20% fino a 10 milioni e 10% oltre 10 e fino a 20 milioni.
    Dal 2023 il credito di fatto si dimezza (20% – 10% – 5%) mantenendo una logica decrescente in ragione dell’ammontare investito.
  • Per i beni immateriali “4.0” (tabella B della legge 232/16) il credito per l’anno 2022 era stato potenziato al 50% (e con una spesa massima di 1 milione). Anche qui vale il periodo di proroga con consegna al 30.06.2023 purché vi sia l’acconto del 20% versato entro il 31.12.2022. Dal 2023 il credito scende al 20%.

Uno specchietto di sintesi certamente facilita l’inquadramento di tutte le fattispecie appena descritte, integrato anche con il caso degli investimenti prenotati ancora nel 2021 e con consegna da perfezionare entro fine 2022:

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