FOCUS su Crediti d’imposta Piano Transizione 4.0 e Credito d’imposta R&S innovazione e design

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RAMSES GROUP NEWS n. 156 – 2 marzo 2021

Crediti d’imposta 4.0, sul filo del rasoio – il cumulo con i piani di sviluppo rurale

I crediti d’imposta del piano Transizione 4.0, concepiti dagli Stati membri come aiuti di carattere generale, forniscono comunque un sostegno pubblico, quindi andrebbero conteggiati per definire le aliquote massime spettanti alle singole imprese in caso di cumulo con gli aiuti del piano di Sviluppo rurale.

Un parere dei servizi interni della Commissione europea, direzione generale dell’agricoltura e sviluppo rurale sembrerebbe assoggettare ai regolamenti degli aiuti per lo sviluppo rurale qualsiasi altro incentivo che le imprese volessero cumulare, ivi compresi quelli previsti da Transizione 4.0.

La distinzione, rispetto agli altri contributi concessi come aiuto di Stato, sarebbe riconducibile al fatto che il regolamento sugli aiuti allo sviluppo rurale porrebbe come limite predefinito le aliquote di sostegno massime di contributo pubblico o spesa pubblica. Alcune regioni sembrano abbracciare il parere come fosse una norma ma anche lo stesso estensore fa presente che è un parere dei servizi e non impegna la Commissione europea.

Il Mise rassicura sulla bontà della possibilità di cumulo e ha già presentato pareri a sostegno di questa interpretazione alla Commissione Ue.

La richiesta

La Regione Sicilia ha chiesto alla Commissione europea di fornire un’interpretazione sulla possibilità di cumulo tra il credito d’imposta per investimenti del piano Transizione 4.0 e gli aiuti concessi a livello regionale tramite i piani di Sviluppo rurale. La richiesta, presentata nel luglio 2020, intendeva giungere alla conferma circa la compatibilità tra gli incentivi previsti dal Psr e le agevolazioni previste dalla legge nazionale italiana allora operativa per Transizione 4.0, in particolare la n. 160 del 27 dicembre 2019 (modificata solo nelle percentuali dalla n. 178/2020).

Questa aveva introdotto, all’articolo 1, un credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi (commi da 185 a 197) e un credito di imposta per stimolare la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica per sostenere la competitività delle imprese e per favorirne i processi di transizione digitale (commi da 198 a 209).

La risposta

Il direttore aggiunto della Commissione europea – Direzione generale dell’agricoltura e sviluppo rurale – specifica che è consapevole che, a parere dello Stato italiano, la norma prevede che «il credito di imposta sia cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto».

Premette che ha chiaro come la Regione Sicilia consideri che il suddetto incentivo fiscale sia una misura di carattere generale, che non si configura quindi come aiuto di Stato. Prende atto della richiesta volta a sapere se sia possibile cumulare lo stesso incentivo con il sostegno previsto dalle misure del Psr Sicilia, superando in questo caso le aliquote massime previste dall’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013.

Parere negativo

Il parere è negativo e viene motivato come segue: «Va ricordato che ai fini dell’attuazione dei programmi di sviluppo rurale (Psr), l’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013 introduce aliquote di sostegno massime» che a opinione del direttore «non possono in alcun caso essere superate».

Il parere prosegue specificando che «per tasso di sostegno si intende l’aliquota del contributo pubblico a un’operazione [articolo 2, lettera d), del regolamento (Ue) n. 1305/2013], mentre per spesa pubblica si intende qualsiasi contributo pubblico al finanziamento di operazioni provenienti dal bilancio di autorità pubbliche nazionali, regionali o locali, dal bilancio dell’Unione relativo ai fondi Sie, dal bilancio di organismi di diritto pubblico o dal bilancio di associazioni di autorità pubbliche o di organismi di diritto pubblico [articolo 2, paragrafo 15, del regolamento (Ue) n. 1303/2013]».

Il direttore aggiunge che tale contributo pubblico comprende anche esenzioni dall’onere fiscale altrimenti applicabile, in quanto riducono il costo globale a carico del beneficiario per l’attuazione dell’attività in questione. Dà atto che «nel contesto degli aiuti di Stato, i crediti d’imposta sono concepiti dalle autorità nazionali come non aiuti (ossia coprono tutti i settori, tutte le imprese e l’intero territorio, senza soglia o massimale di investimento)», ma nonostante questo ritiene che «resta inteso che essi forniscono sostegno pubblico ai beneficiari esentandoli specificamente da una parte del normale onere fiscale».

Arriva quindi a concludere che «sulla base delle informazioni disponibili e dei fatti descritti nella sua richiesta, a seguito della nostra analisi, si ritiene che il sostegno del Psr, per le stesse spese ammissibili, possa essere concesso in combinazione con i crediti d’imposta, ma il sostegno cumulato deve rimanere entro i limiti fissati dall’allegato II del regolamento (Ue) n. 1305/2013».

Nella parte finale, il parere rilascia una doverosa precisazione sul fatto che quanto espresso al suo interno non impegna la Commissione europea. Conclude precisando che «il presente parere esprime l’opinione dei servizi della Commissione e non impegna la Commissione europea». Individua anche il luogo in cui dirimere la questione: «In caso di controversie riguardanti il diritto dell’Unione, a norma del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, spetta alla Corte di giustizia dell’Unione europea fornire un’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione applicabile».

La posizione del Mise

Il Mise ha già fatto presente di essere a conoscenza del parere dei servizi della commissione ma di non essere d’accordo con la sua impostazione. Il Mise ha, quindi, già intrapreso dialoghi costanti con la Commissione, portando una interpretazione che conferma la bontà di quanto fatto in Italia.

Articolo tratto da Il sole 24 ore


Transizione 4.0 – Il credito inutilizzato può essere riportato in anni successivi

I crediti d’imposta del piano Transizione 4.0 non utilizzati possono essere riportati agli anni successivi:

  • le imprese che hanno versato l’acconto del 20% entro il 15 novembre 2020 ottengono solo il 40% di contributo se realizzano l’investimento entro il 30 giugno 2021;
  • il mancato invio della comunicazione di monitoraggio, non ancora disponibile, non blocca comunque l’utilizzo dell’agevolazione, possibile già a partire dallo scorso gennaio;
  • il trasferimento dei beni all’estero è possibile per un tempo limitato.

Sono alcuni dei chiarimenti emersi dalle risposte fornite dal dirigente della Divisione III della Dg per gli incentivi alle imprese del Mise, Marco Calabrò, nel corso del convegno organizzato da Ferdermacchine e Anima il 10 febbraio scorso.

Riporto al futuro

Le imprese non devono preoccuparsi del credito d’imposta del piano Transizione 4.0 nel breve periodo poiché è possibile riportarlo in avanti per tutti gli anni necessari all’utilizzo. Il periodo di compensazione di tre anni, previsti dalla legge n. 178/2020, va considerato come periodo minimo e non massimo. Già da gennaio 2021 le imprese possono concretamente iniziare a fruire dei benefici previsti dal piano Transizione 4.0. Dovrebbe essere pubblicato in questo primo semestre del 2021 il decreto che prevede lo schema di comunicazione che le imprese sono chiamate a presentare per il monitoraggio dell’agevolazione: si tratterebbe di un modello semplice per non creare appesantimenti alle imprese e andrà a completare le informazioni già a disposizione. Viene ribadito che le aziende possono comunque iniziare a investire e compensare subito perché l’assenza del modello non è un impedimento in tal senso.

Ordini ante 16 novembre 2020

La norma approvata in legge di Bilancio è priva di disposizioni di coordinamento tra la disciplina del 2020 e quella nuova. Secondo il Mise, la data del 16 novembre va considerata come uno spartiacque tra i due regimi. Da un parte stanno gli investimenti programmati entro il 15 novembre 2020, per i quali entro tale data l’ordine è stato accettato ed è avvenuto il pagamento dell’acconto in misura pari almeno al 20%: per questi beni vale la disciplina del precedente credito d’imposta, laddove siano completati entro il 30 giugno 2021. Tutto ciò che ha origine oltre il 15 novembre 2020 rientra invece nella nuova disciplina introdotta dalla legge di Bilancio per il 2021. La finestra 2021 parte quindi dal 16 novembre 2020 e può contare su un arco temporale che va oltre l’anno.

Impianti di servizio

Gli impianti di servizio rientrano nell’agevolazione quando sono indispensabili al funzionamento di un bene agevolabile. Gli impianti che sono ad uso esclusivo del macchinario sono agevolabili come accessorio del bene stesso. Gli impianti tecnici in edificio non sono ammessi mai all’agevolazione, se non in casi particolari; sono ammessi infatti solo se sono essi stessi impianti di produzione. Sono esclusi dalle agevolazioni gli impianti di servizio quando sono asserviti e rappresentano una dotazione generale degli immobili. Se l’impianto di servizio serve più macchinari, può accedere al credito di imposta solo per la quota di pertinenza dell’impianto agevolabile. L’impresa dovrà dimostrare che la parte di costo è quella strettamente legata all’impianto agevolabile.

Revamping

Si aprono dubbi in corsa su cosa significa “revamping”. Il punto da considerare muove dai numerosi casi di perfezionamento dei progetti Industria 4.0 che riguardano spesso impianti esistenti potenziati al fine di renderli ancora più funzionali. Tuttavia, da una parte i singoli componenti aggiuntivi non sono di per sé beni che hanno le caratteristiche dei 5 + 2 requisiti richiesti dalla normativa, dall’altra sono utili. Altro aspetto è il potenziamento di macchinari che sono già 4.0: l’ammodernamento di una macchina già 4.0 è ammissibile come revamping agevolabile? Secondo il funzionario, il revamping è stato pensato immaginando la trasformazione di un bene ordinario in un bene 4.0. Il Mise dovrà comunque esprimersi.

Trasferimento beni all’estero

Gli altri pareri sono legati al fatto che è ancora possibile usufruire del vecchio iper-ammortamento se l’interconnessione di un macchinario acquisito nell’ambito delle vecchie regole avviene nel corso 2021 e al fatto che è possibile spostare un bene all’estero, ma seguendo criteri di ragionevolezza e proporzionalità che devono guidare l’utilizzo all’estero per tempi limitati.

Articolo tratto da Il sole 24 ore


Come si contabilizza il credito d’imposta R&S innovazione e design

La disciplina del credito d’imposta R&S&I&D, introdotta per il periodo d’imposta 2020 dall’articolo 1, commi 198–209, L. 160/2019 e oggetto di proroga al biennio 2021/2022 nell’articolo 1, comma 1064, lettere a)-h), L. 178/2020, non fornisce indicazioni circa il trattamento contabile e l’iscrizione in bilancio del contributo.

L’impresa, per effetto della realizzazione di investimenti ammissibili relativi ad attività di R&S, IT e/o design riceve un diritto a compensare debiti tributari assimilabile ad un contributo in conto esercizio o a un contributo in conto impianti a seconda della modalità di rilevazione dei costi ammissibili.

Il momento di rilevazione di tali contributi è quello in cui esiste una ragionevole certezza del diritto a percepirli, dunque la loro iscrizione in bilancio deve avvenire nel rispetto del principio della prudenza.

Tale momento può essere individuato nel periodo di maturazione del credito ovvero di effettivo sostenimento degli investimenti ammissibili, stante la natura automatica del contributo.

Costi di R&S imputati a conto economico

Nel caso in cui le spese di R&S siano contabilizzate a conto economico verrà rilevato un contributo in conto esercizio, come definito al paragrafo 56 dell’Oic 12:

Sono dovuti sia in base alla legge sia in base a disposizioni contrattuali, rilevati per competenza e indicati distintamente in apposita sottovoce della voce A5. Deve trattarsi di contributi che abbiano natura di integrazione dei ricavi dell’attività caratteristica o delle attività accessorie diverse da quella finanziaria o di riduzione dei relativi costi ed oneri…omissis…”.

I costi di ricerca a partire dall’anno 2016, col D.Lgs. 139/2015, vanno imputati a conto economico: “I costi sostenuti per la ricerca di base sono costi di periodo e sono addebitati al conto economico dell’esercizio in cui sono sostenuti, poiché rientrano nella ricorrente operatività dell’impresa e sono, nella sostanza, di supporto ordinario all’attività imprenditoriale della stessa.”

Dunque il credito d’imposta R&S&I&D, per la sua natura di contributo in conto esercizio, va rilevato:

  • nell’attivo di stato patrimoniale, voce CII5-bis come credito tributario nell’anno di maturazione ovvero di sostenimento delle spese ammissibili;
  • a conto economico, in contropartita al credito tributario, alla voce A5 “Altri ricavi e proventi”.

Costi di sviluppo capitalizzati

I costi di sviluppo, derivanti dall’applicazione dei risultati della ricerca, sostenuti nel periodo d’imposta possono essere capitalizzati alla voce BI 2 al ricorrere dei requisiti dell’Oic 24 – paragrafi 46-49 e con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale ai sensi dell’articolo 2426 cod. civ.. I costi devono presentare i seguenti requisiti:

  • essere relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili (diretta inerenza al prodotto, al processo o al progetto per la cui realizzazione sono stati sostenuti);
  • essere riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale la società possieda o possa disporre delle necessarie risorse (fattibilità tecnica di prodotto o processo);
  • essere recuperabili, cioè la società deve avere prospettive di reddito in modo almeno da coprire i costi con i ricavi del progetto.

Per quanto concerne l’ammortamento dei costi di sviluppo essi sono ammortizzati secondo la loro vita utile oppure, nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, entro un periodo non superiore a cinque anni.

Fino a che l’ammortamento dei costi di sviluppo non è completato, possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.

Nel caso in cui le spese di R&S siano contabilizzate a stato patrimoniale verrà rilevato un contributo in conto impianti, come definito al paragrafo 85 dell’Oic 24:

I contributi erogati alla società da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) per la realizzazione di iniziative e progetti che riguardino le immobilizzazioni immateriali sono definiti “contributi pubblici”… omissis…”.

Dunque il credito d’imposta R&S&I&D, per la sua natura di contributo in conto impianti, va rilevato:

  • nell’attivo di stato patrimoniale, voce CII5-bis come credito tributario nell’anno di effettivo sostenimento dei costi;
  • a conto economico, in contropartita al credito tributario, applicando uno dei due metodi previsti dall’Oic 24 (metodo diretto e indiretto) per commisurare il contributo gradualmente lungo la vita utile dell’immobilizzazione immateriale:
  • metodo indiretto, che prevede la rilevazione di un provento alla voce A5 “altri ricavi e proventi” di conto economico e l’iscrizione di un risconto passivo rilasciato a conto economico nel periodo di ammortamento dell’immobilizzazione immateriale iscritta, che sarà ammortizzata per il costo “lordo”;
  • metodo diretto, che prevede la diretta riduzione del costo sostenuto dell’immobilizzazione a cui si riferisce il contributo, con ammortamento dell’importo delle spese di sviluppo al netto del contributo.

Con il metodo indiretto sono imputati al conto economico:

  • gli ammortamenti calcolati sul costo lordo delle immobilizzazioni immateriali;
  • gli altri ricavi e proventi per la quota di contributo di competenza dell’esercizio.

Con il metodo diretto sono imputati al conto economico solo gli ammortamenti determinati sul valore dell’immobilizzazione immateriale al netto dei contributi.

Costi di sviluppo in bilancio

In caso di capitalizzazione dei costi di sviluppo la nota integrativa, ai sensi dell’articolo 2427 cod. civ., deve contenere indicazioni:

  • sulla loro composizione,
  • sulle ragioni di iscrizione in stato patrimoniale,
  • sui criteri di ammortamento.

Nella relazione sulla gestione, ai sensi dell’articolo cod. civ., devono essere indicate le attività di R&S svolte nell’esercizio.

Fonte Euroconference


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