Bonus R&S nel settore dell’industria alimentare: escluso per ricerca della materia prima

dish on white ceramic plate
RAMSES GROUP NEWS n.172 – 22 aprile 2021

In tema di credito d’imposta ricerca e sviluppo nel settore dell’industria alimentare, le attività di ricerca della materia prima e del percorso di “panel-test” e quelle dirette a conferire ai prodotti un particolare effetto estetico (composizione del piatto), pur mirando al rinnovo dell’offerta commerciale, devono considerarsi rientranti tra le ordinarie attività di processo e di sviluppo prodotto svolte reiteratamente dalle imprese del settore, anche al fine del mantenimento del riconoscimento del livello di eccellenza raggiunto dall’impresa. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 188 del 17 marzo 2021: non costituiscono nel loro complesso attività di ricerca e sviluppo.

Con la risposta a interpello n. 188 del 17 marzo 2021 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di credito d’imposta ricerca e sviluppo nel settore dell’industria alimentare.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 17/03/2021, n. 188

L’art. 3, comma 1, D.L. n. 145/2013, nella versione vigente, prevede un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020 in misura pari al 25% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

L’aliquota viene elevata al 50% con riferimento alle spese indicate al comma 6-bis. Con D.M. 27 maggio 2025, il Ministero dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico, ha adottato le disposizioni applicative dell’agevolazione.

La legge di Bilancio 2020 ha anticipato al 31 dicembre 2019 la cessazione del termine di applicazione della disciplina. Pertanto, risultano agevolabili gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuati sino al 31 dicembre 2019.

Per gli investimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2020, al verificarsi di tutte le condizioni di legge, è possibile eventualmente beneficiare del credito di imposta disciplinato dall’art. 1, commi 198 – 208, della legge di Bilancio 2020.

Con la circolare 16 marzo 2016, n. 5/E, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali tra quelle accreditabili, analiticamente elencate dalle predette norme, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono l’esclusiva competenza del Ministero dello Sviluppo economico.

Anche con riferimento al settore dell’industria alimentare, in senso ampio, e più nello specifico, avendo riguardo al settore della ristorazione e della gastronomia, le attività ammissibili al credito d’imposta, sia che si tratti dello sviluppo di un nuovo prodotto o procedimento e sia che si tratti della riformulazione di prodotti o procedimenti esistenti, devono comunque essere proiettate al superamento di ostacoli di carattere scientifico e/o tecnologico non superabili sulla base delle conoscenze e tecnologie già disponibili.

In tal senso, avendo riguardo al settore dell’industria alimentare in generale, le attività ammissibili al credito d’imposta possono configurarsi, ad esempio, nei lavori finalizzati a un significativo prolungamento della vita commerciale dei prodotti alimentari (c.d. “shelf-life”), attraverso lo svolgimento di studi concernenti nuove metodologie di trattamento e conservazione degli alimenti, nuovi materiali e tecniche di confezionamento, non realizzabili sulla base delle conoscenze e tecnologie già disponibili nel settore.

Un altro ambito in cui possono in linea generale rinvenirsi attività ammissibili al credito d’imposta è quello riguardante i lavori ricollegabili allo studio e alla sperimentazione di nuovi ingredienti e formulazioni capaci di generare un “effetto tecnico” o un’utilità tecnologica sui prodotti alimentari, in termini, ad esempio, di: malattie legate all’alimentazione, digeribilità, apporto di vitamine e proteine, conservazione, prevenzione delle malattie, tracciabilità, assenza di additivi, salubrità. In particolare, è questo il caso delle attività aventi ad oggetto la produzione di nuove conoscenze e la risoluzione di incertezze di carattere tecnico nell’ambito dei prodotti nutraceutici; vale a dire, quei prodotti le cui caratteristiche nutrizionali, opportunamente modificate e/o arricchite, consentono di produrre un effetto benefico e /o protettivo nei confronti della salute umana, fornendo se del caso metodi alternativi per la riduzione e la gestione del rischio di malattia.

Per converso, devono in via di principio ritenersi escluse dall’ambito di applicazione del credito d’imposta le attività concernenti il lancio di nuovi prodotti o le modifiche ai prodotti e procedimenti esistenti, non finalizzate alla risoluzione di un ostacolo di carattere scientifico e/o tecnologico non risolvibile sulla base delle conoscenze e capacità già disponibili nello stato dell’arte e nella prassi del settore.

In particolare, è questo il caso delle attività attinenti alla formulazione (o riformulazione) di nuove ricette di prodotti alimentari il cui unico “effetto tecnico” riguardi, in senso ampio, il “gusto” o l’aspetto “estetico” del prodotto, attraverso l’ottenimento, in particolare, di un sapore o di una forma diversi per venire incontro ai gusti ed alle esigenze dei clienti o dei consumatori finali.

Tali attività, infatti, ai fini del credito d’imposta, devono considerarsi assimilabili ad attività di semplice sviluppo prodotto nell’ambito di un più ampio progetto di marketing o comunque costituenti miglioramenti non rilevanti sul piano del progresso scientifico o tecnologico generale; in tale ambito, devono ricondursi anche le attività attinenti alle ricerche di mercato finalizzate, in linea generale, a raccogliere dati concernenti i gusti e le abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento dei prodotti (sotto il profilo sensoriale ed estetico) da parte di clienti e/o consumatori finali.

Allo stesso modo, devono considerarsi escluse anche le attività legate al design delle confezioni dei prodotti alimentari (c.d. “packaging”), trattandosi anche in questo caso, seppur con riferimento alla confezione e non al prodotto stesso, di modifiche concernenti in senso ampio l’estetica e dunque non finalizzate alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico: a titolo di esempio, si tratta delle attività riferibili alla ideazione della forma, dei colori, dei simboli grafici e degli ornamenti delle confezioni.

Anche le attività che pur essendo in generale finalizzate all’ampliamento e al rinnovo dell’offerta commerciale dell’impresa attraverso l’introduzione di nuovi piatti (nuove ricette) o all’adozione di nuove tecniche di lavorazione e conservazione degli ingredienti già ampiamente diffuse tra le imprese del settore, non evidenziano contenuti significativi ai fini della loro qualificazione come attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta.

Ne consegue che le attività di ricerca della materia prima e del percorso di “panel-test” e quelle dirette a conferire ai prodotti un particolare effetto estetico (composizione del piatto), pur mirando al rinnovo dell’offerta commerciale, devono considerarsi rientranti tra le ordinarie attività di processo e di sviluppo prodotto svolte reiteratamente dalle imprese del settore, anche al fine del mantenimento del riconoscimento del livello di eccellenza raggiunto dall’impresa.

Pertanto, non costituiscono nel loro complesso attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti del credito d’imposta.

La nuova disciplina del bonus, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019, dalla legge di Bilancio 2020, ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 17/03/2021, n. 188

Fonte Ipsoa


Prassi – AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 marzo 2021, n.188 – Credito d’imposta ricerca e sviluppo settore dell’industria alimentare

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente QUESITO:

La società XXX srl (di seguito, l’istante o interpellante) è una società con codici Ateco 56.10.11 “Ristorazione con somministrazione” e 47.11.4 “Minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimenti vari” e 47.91.1. “Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet”.

La società utilizza per la redazione del bilancio d’esercizio i principi contabili nazionali e rappresenta di aver effettuato investimenti in attività di ricerca e sviluppo negli esercizi d’imposta dal 2015 al 2019, così come nel triennio 2012-2014, seppure in parte con ragione giuridica diversa a causa di operazioni straordinarie avvenute nel triennio.

La società ALFA Srl è stata costituita il … Nel 2011 ha inizio la gestione del ristorante …, attraverso l’affitto d’azienda stipulato con la società BETA Srl, azienda poi acquistata dalla stessa ALFA Srl il … 2012.

Le origini del ristorante … Dal mese di … la ALFA Srl ha iniziato i lavori di ristrutturazione del ristorante … Infatti, la ALFA , oltre al ristorante …, gestisce altre tre attività così suddivise:

1. UNO: cocktail bar con cucina;

2. DUE : bistrot – pasticceria di declinazione dell’omonimo ristorante;

3. TRE : ristorante.

La storicità della location unita al posizionamento commerciale determina una continua e maniacale revisione dell’offerta commerciale sia guardando la varietà nei confronti delle quattro proposte dei diversi format, sia guardando la variabilità delle specifiche attività. Pertanto, per tutte e quattro le attività, si rende necessario tenere continuamente attiva la revisione dei diversi menù almeno tre volte l’anno, seguendo le stagionalità, oltre che la composizione di specifiche offerte che seguono: da una parte le richieste specifiche dei clienti, dall’altra le canoniche date di eventi annuali, al fine di rendere sempre attrattiva l’offerta di somministrazione.

Nel corso dell’esercizio 2019, come negli esercizi precedenti, la ALFA Srl si è concentrata sulla trasformazione dei processi di gestione della cucina passando da un metodo tradizionale a un metodo innovativo. Infatti, l’introduzione di un software ERP (Enterprise Resource Planning), in grado di trasformare la struttura organizzativa, ha dato la possibilità di diventare altamente competitivi nel business della ristorazione. A sostegno dello sviluppo dei progetti la Società ha introdotto la piattaforma …, che ha premesso di usufruire di molti vantaggi.

Nel corso dell’esercizio 2019, la ALFA Srl ha proseguito nello sviluppo e implementazione di 5 progetti: …

Le attività di Ricerca e Sviluppo, svolte dalla società nel corso del 2019 per i cinque progetti sopra elencati, sono state mappate su uno specifico calendario di attività annuale in cui sono identificati i format di riferimento ed il periodo di lancio. Tutti e cinque i progetti consistono nella creazione di nuovi piatti concentrandosi sull’ideazione ex novo o sulla modifica significativa delle ricette (composizione delle materie prime e tecnologie sulla cottura). …

Tutto ciò premesso, l’istante chiede:

1) se le attività di ricerca e sviluppo successivamente descritte possano usufruire dell’agevolazione del credito d’imposta per ricerca e sviluppo rientrando in una delle fattispecie indicate nell’art. 3, comma 4 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 e successive modifiche e, in particolare, si ritiene, tra le attività di cui alla lettera c) dello stesso art. 3, comma 4 sinteticamente definite come “sviluppo sperimentale”;

2) nel caso in cui le predette attività siano ammissibili, se tutti i costi relativi alle fasi di sviluppo (ricerca della materia prima e tecnologia della cucina) dei progetti R&S svolte dai dipendenti della Società rientrino tra i costi ammissibili;

3) se per la determinazione del costo orario di ciascun dipendente debbano essere utilizzate al denominatore della predetta formula le ore effettivamente lavorate dai dipendenti (attualmente calcolate con le ore mediamente lavorabili nell’anno).

Soluzione interpretativa prospettata

Per quanto concerne il quesito n. 1, la Società ritiene che i costi relativi alle fasi di sviluppo (ricerca della materia prima e tecnologia della cucina) dei progetti ricerca e sviluppo della Società rientrino tra le spese agevolabili ai sensi dell’art. 3, comma 4, lettera c) del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 e successive modifiche.

Visto quanto affermato nella Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico, di cui all’allegato 1 della Circolare n. 5/E del 16 marzo 2016, ritiene le attività svolte dalla ALFA Srl, con la sola differenza del settore di attività, riferibili alla “ricerca ed ideazione” e al “realizzo di prototipi”.

In relazione al calcolo dei costi agevolabili (quesito n. 2 e n. 3) ai fini del credito d’imposta Ricerca e Sviluppo l’istante evidenzia quanto segue.

Il DM 27 maggio 2015 prevede in relazione ai costi del personale che «con riferimento alle spese di cui alla lettera a) del comma 1, deve essere preso in considerazione il costo effettivamente sostenuto dall’impresa per i lavoratori dipendenti o in rapporto di collaborazione in possesso dei titoli richiesti, intendendo come tale l’importo costituito dalla retribuzione lorda prima delle imposte e dai contributi obbligatori, quali gli oneri previdenziali e i contributi assistenziali obbligatori per legge, in rapporto all’effettivo impiego dei medesimi lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo».

Le successive Circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E del 2016 e n.13/E del 2017 hanno ulteriormente chiarito le tipologie di costi del lavoro ammissibili.

Al fine di determinare il costo del personale connesso all’effettivo impiego dei lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo viene applicata la seguente formula: costo del personale *ore R&D/ore medie lavorate

La Società ritiene che per la determinazione del costo orario di ciascun dipendente possano essere utilizzate le ore medie effettivamente lavorate dai dipendenti.

Parere dell’Agenzia delle entrate

Il comma 1 dell’articolo 3 prevede un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo «a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020» in misura pari al 25 per cento «delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015».

Detta aliquota viene elevata al 50 per cento con riferimento alle spese indicate al comma 6-bis.

Le tipologie di spese ammissibili sono elencate al comma 6, lettere a), abis) b), c), c-bis), d) e d-bis) del citato articolo 3.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, del 27 maggio 2015 sono state adottate le disposizioni applicative dell’agevolazione.

L’articolo 1, comma 209, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha anticipato al 31 dicembre 2019 la cessazione del termine di applicazione della disciplina di cui al citato articolo 3. Pertanto, risultano agevolabili gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuati sino al 31 dicembre 2019. Per gli investimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2020, al verificarsi di tutte le condizioni di legge, è possibile eventualmente beneficiare del credito di imposta disciplinato dall’articolo 1, commi 198 – 208, della legge di bilancio 2020.

Le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016, n. 13/E del 27 aprile 2017, n. 10/E del 16 maggio 2018 e n. 8/E del 10 aprile 2019 inoltre, hanno fornito, ratione temporis, chiarimenti in merito al menzionato credito di imposta. In particolare, con la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 16 marzo 2016, n. 5/E è stato precisato che le indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (ad esempio: sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda nel settore chimico-farmaceutico) tra quelle accreditabili, analiticamente elencate dalle predette norme, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono l’esclusiva competenza del Ministero dello Sviluppo economico (MISE).

Tanto premesso, in relazione alla riconducibilità delle attività descritte in istanza a una (o più) delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, la scrivente, conformemente alle indicazioni contenute nella citata circolare n. 5/E del 2016 (par. 2.1), ha chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) di fornire le valutazioni di natura tecnica in merito, con nota prot. RU n. … del … 2020.

A tale richiesta, la Direzione Generale per la politica industriale la competitività e le PMI del citato Ministero ha espresso, con nota prot. RU … del … 2021 (acquisita con RU n. … del …), il seguente parere:

«Le questioni oggetto d’interpello attengono, in particolare, alla qualificazione, ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta, delle attività svolte dalla società nel corso del periodo d’imposta 2019 (e dell’eleggibilità delle correlate spese di personale) in relazione ai seguenti progetti: ….

Come evidenziato nell’istanza d’interpello e nella documentazione allegata, i su indicati progetti nascono dall’esigenza di “…tenere continuamente attiva la revisione dei diversi menù almeno tre volte l’anno, seguendo le stagionalità, oltre che la composizione di specifiche offerte che seguono da una parte richieste specifiche dei clienti, dall’altra le canoniche date di eventi annuali, al fine di rendere sempre attrattiva l’offerta di somministrazione”.

In questo contesto, le attività vengono suddivise in due macro fasi: “ricerca della materia prima” e “tecnologia della cucina (…)”. Con riferimento alla prima fase, viene descritto, in particolare, quanto segue: “La selezione delle materie prime è tra i fattori che costituiscono il concetto di qualità; infatti offrire al cliente garanzie di freschezza, naturalezza, originalità (DOC, DOP,…), rifornirsi da rivenditori e produttori specializzati con cadenza giornaliera, variare costantemente il menu e valorizzare le competenze di manipolazione per “esaltare la veridicità del sapore” sono risultati essere gli elementi fondamentali per tutte le categorie. […] La definizione “estetica” e “sensoriale”, in linea con i trend socio-culturali e di categoria, e la ricerca dell’eccellenza esecutiva in riferimento al posizionamento di fascia completano la definizione del valore dei piatti di … .”.

Quanto invece alla seconda fase, viene indicato: “La tecnologia della cucina (…) rappresenta per il ALFA un’area di Ricerca e Sviluppo, oltre che di investimento trasversale, importante per poter valorizzare la singola pietanza con i sistemi di cottura più adeguati che consentono di mantenere la pertinenza e la preziosità del gusto. Ottimizzare i tempi procedurali e ridurre i costi sono gli obiettivi sempre presenti nel progettare gli investimenti in qualità, come anche nell’attuare le strategie operative.”.

Con riferimento a tale attività di revisione dei menù, la società descrive, inoltre, quanto segue:

“Le Prove sperimentali. Sperimentali sono tutti i prodotti che vengono realizzati in visione della nuova proposta da concretizzare. La base menù mantiene sempre la stessa struttura, ad esempio numero Antipasti, primi, secondi e dessert ecc. Per tanto una volta definiti gli items “piatti/prodotti storici” che resteranno nell’offerta, vengono identificati il numero di “piatti nuovi”. Per questi ultimi si procede con prove sperimentali di diverso livello che portano alla luce due tipologie di Prototipi:

1 livello: in cui i piatti vengono realizzati senza violare l’area creativa secondo 2 linee guida.

– Affinità con la proposta: i piatti creati dal team R&S vengono scremati tenendo in considerazione la proposta commerciale complessiva e le line guida della cucina dello Chef Executive.

-Appeal commerciale: vengono selezionati almeno 10 piatti per categoria da completare (antipasti-primi-secondi-dolci ecc).

2 livello: I piatti selezionati come sopra seguono un secondo iter

-Processo di creazione di scheda tecnica e Distinta base del piatto.

-Identificazione di criticità/opportunità operative sulla produzione in linea. Solo i Prototipi di 2 livello entrano nel percorso di Panel- test che sarà di due livelli:

Primo “Panel tecnico” è lo stesso team R&S che provvederà ad un primo test del prototipo da cui verranno delineate tutte le caratteristiche e le eventuali criticità della preparazione, ed effettuerà una scrematura del 50% solo 5 piatti per categoria entreranno nello step successivo.

Secondo “Panel commerciale” i piatti selezionati al Primo livello vengono proposti alla commissione commerciale composta dal Team di Servizio, Marketing, Commerciale-Retail.

E da tale processo verrà identificata una classifica da 1-5 che quoterà il valore del piatto nell’economia complessiva del menù.”.

Più in dettaglio, la società….

Inoltre, la società evidenzia anche che nel corso del 2019 è stato introdotto un software di tipo ERP (Enterprise Resource Planning) di denominazione commerciale “XXX”, che ha “contribuito allo sviluppo dei progetti R&S della ALFA Srl…”, ma i cui costi di realizzazione, precisa la società, “non costituiscono costi agevolabili ai fini della R&S”.

Così riassunti i contenuti delle attività per le quali la società istante intenderebbe avvalersi del credito d’imposta, si ritiene, per i motivi di seguito esposti, che tali attività, pur dando luogo sia a innovazioni di prodotto (nuovi piatti, nuove combinazioni, ecc…), sia a innovazioni legate al processo di “lavorazione” e alla sua organizzazione, non possano nel loro complesso considerarsi attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini dell’ammissibilità al beneficio.

Al riguardo, è opportuno ricordare preliminarmente che l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”. Tali definizioni, com’è noto, risultano a loro volta mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati, concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development”. In questo senso, si ricorda, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente precisato che: “Per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’OCSE”.

Pertanto, come più volte precisato da questo Ufficio e dalla stessa Agenzia delle Entrate nei documenti di prassi emanati in materia, i criteri contenuti nelle suddette linee guida per le rilevazioni statistiche nazionali delle spese per ricerca e sviluppo elaborate dall’OCSE assumono diretta rilevanza anche al fine di stabilire se le attività per le quali viene richiesto il beneficio del credito d’imposta soddisfino i requisiti sostanziali per rientrare in una delle tre categorie di ricerca e sviluppo corrispondenti alle richiamate definizioni del citato paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01).

Secondo tali criteri, le attività qualificabili come ricerca e sviluppo sono quelle specificamente svolte, nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa, per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi o al miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti. Si tratta, quindi, di attività (lavori) che necessariamente si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e creatività e, quindi, anche per il grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico che, di regola, implicano.

Proprio per tali contenuti e caratteristiche, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e, quindi, producendo un beneficio per l’intera economia, le attività di ricerca e sviluppo sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi pubblici. In coerenza con tale impostazione, quindi, le attività di ricerca e sviluppo agevolabili sono quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili; mentre, non si considerano attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività innovative che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell’arte).

In tal senso, come più volte chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate (si veda, in particolare, la risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019), nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle – svolte internamente ovvero commissionate all’esterno – che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e qualificazione sopra indicati: vale a dire, si ripete, le attività che nell’ambito di un determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) – o finalizzato ad apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti – si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico.

Per converso, devono ritenersi escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del settore di appartenenza.

I criteri sopra ricordati, è il caso di precisare, assumono valenza generale, nel senso che devono intendersi applicabili a tutti i settori economici, sia pur con gli adattamenti di nozioni e concetti che i diversi comparti (industriali e commerciali) richiedano in ragione della loro specificità.

Pertanto, anche con riferimento al settore dell’industria alimentare, in senso ampio, e più nello specifico, avendo riguardo alla fattispecie che qui occupa, al settore della ristorazione e della gastronomia, le attività ammissibili al credito d’imposta, sia che si tratti dello sviluppo di un nuovo prodotto o procedimento e sia che si tratti della riformulazione di prodotti o procedimenti esistenti, devono comunque essere proiettate al superamento di ostacoli di carattere scientifico e/o tecnologico non superabili sulla base delle conoscenze e tecnologie già disponibili. In tal senso, avendo riguardo al settore dell’industria alimentare in generale, le attività ammissibili al credito d’imposta possono configurarsi, ad esempio, nei lavori finalizzati ad un significativo prolungamento della vita commerciale dei prodotti alimentari (c.d. “shelf-life”), attraverso lo svolgimento di studi concernenti nuove metodologie di trattamento e conservazione degli alimenti, nuovi materiali e tecniche di confezionamento, non realizzabili sulla base delle conoscenze e tecnologie già disponibili nel settore.

Un altro ambito in cui possono in linea generale rinvenirsi attività ammissibili al credito d’imposta è quello riguardante i lavori ricollegabili allo studio ed alla sperimentazione di nuovi ingredienti e formulazioni capaci di generare un “effetto tecnico” o un’utilità tecnologica sui prodotti alimentari, in termini, ad esempio, di: malattie legate all’alimentazione, digeribilità, apporto di vitamine e proteine, conservazione, prevenzione delle malattie, tracciabilità, assenza di additivi, salubrità. In particolare, è questo il caso delle attività aventi ad oggetto la produzione di nuove conoscenze e la risoluzione di incertezze di carattere tecnico nell’ambito dei prodotti nutraceutici; vale a dire, quei prodotti le cui caratteristiche nutrizionali, opportunamente modificate e/o arricchite, consentono di produrre un effetto benefico e /o protettivo nei confronti della salute umana, fornendo se del caso metodi alternativi per la riduzione e la gestione del rischio di malattia.

Per converso, devono in via di principio ritenersi escluse dall’ambito di applicazione del credito d’imposta le attività concernenti il lancio di nuovi prodotti, o le modifiche ai prodotti e procedimenti esistenti, non finalizzate alla risoluzione di un ostacolo di carattere scientifico e/o tecnologico non risolvibile sulla base delle conoscenze e capacità già disponibili nello stato dell’arte e nella prassi del settore.

In particolare, è questo il caso delle attività attinenti alla formulazione (o riformulazione) di nuove ricette di prodotti alimentari il cui unico “effetto tecnico” riguardi, in senso ampio, il “gusto” o l’aspetto “estetico” del prodotto, attraverso l’ottenimento, in particolare, di un sapore o di una forma diversi per venire incontro ai gusti ed alle esigenze dei clienti o dei consumatori finali.

Tali attività, infatti, ai fini del credito d’imposta, devono considerarsi assimilabili ad attività di semplice sviluppo prodotto nell’ambito di un più ampio progetto di marketing o comunque costituenti miglioramenti non rilevanti sul piano del progresso scientifico o tecnologico generale; in tale ambito, devono ricondursi anche le attività attinenti alle ricerche di mercato finalizzate, in linea generale, a raccogliere dati concernenti i gusti e le abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento dei prodotti (sotto il profilo sensoriale ed estetico) da parte di clienti e/o consumatori finali. Allo stesso modo, devono considerarsi escluse anche le attività legate al design delle confezioni dei prodotti alimentari (c.d. “packaging”), trattandosi anche in questo caso, seppur con riferimento alla confezione e non al prodotto stesso, di modifiche concernenti in senso ampio l’estetica e dunque non finalizzate alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico: a titolo di esempio, si tratta delle attività riferibili alla ideazione della forma, dei colori, dei simboli grafici e degli ornamenti delle confezioni.

In tale delineato ordine di considerazioni possono essere inquadrate, si ritiene, anche le attività oggetto dell’istanza d’interpello, pur tenendo conto della specificità del comparto della ristorazione rispetto al settore generale dell’industria alimentare e gastronomica. In tal senso, deve ritenersi che le attività svolte dalla società istante, pur essendo in generale finalizzate all’ampliamento e al rinnovo dell’offerta commerciale dell’impresa attraverso l’introduzione di nuovi piatti (nuove ricette) o all’adozione di nuove tecniche di lavorazione e conservazione degli ingredienti già ampiamente diffuse tra le imprese del settore, non evidenzino contenuti significativi ai fini della loro qualificazione come attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta.

Peraltro, le attività descritte dalla società istante, attenendo in larga parte a innovazioni inerenti al marketing, non risultano caratterizzate da elementi di rischio di insuccesso tecnico e finanziario nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; non potendo tali requisiti qualificanti essere soddisfatti dalla circostanza che i “nuovi piatti” proposti potrebbero non incontrare il “gusto” e il gradimento della clientela.

Più in generale, si osserva che le attività descritte dalla società istante, ivi incluse quelle concernenti la ricerca della materia prima e del percorso di “panel-test” e quelle dirette a conferire ai prodotti un particolare effetto estetico (composizione del piatto), pur mirando al rinnovo dell’offerta commerciale, devono considerarsi rientranti tra le ordinarie attività di processo e di sviluppo prodotto svolte reiteratamente dalle imprese del settore, anche al fine del mantenimento del riconoscimento del livello di eccellenza raggiunto dall’impresa (c.d. “…”).

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, si conferma dunque che le attività descritte dalla società istante non costituiscono nel loro complesso attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti del credito d’imposta di cui al richiamato art. 3 del d.l. n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 2014.

Ciò precisato, si ritiene opportuno segnalare, da ultimo, che la nuova disciplina del credito d’imposta, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2019, dall’art. 1, commi 198 e ss., della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio.

Nel nuovo contesto normativo, infatti, l’ambito oggettivo delle fattispecie agevolabili non è più circoscritta alle sole attività di ricerca e sviluppo nell’accezione sopra ricordata, ma è stata estesa, tra l’altro, anche alle attività di design e ideazione estetica, nell’ambito delle quali, tenendo presente il carattere di misura generale del credito d’imposta, potrebbero in linea di principio rientrare, pur sempre verificandosi il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”), alcune attività di carattere creativo svolte dalla società istante».

Fonte NTC notiziario

Alcune domande frequenti nel campo alimentare

Il credito d’imposta per R&S si applica anche al settore alimentare?

Certo, non vi sono limiti in termini di settore economico al quale applica l’agevolazione. Tuttavia è bene precisare che per ogni settore è necessario che vi sia la condizione di superare gli ostacoli tecnici e scientifici altrimenti non superabili con le conoscenze a oggi a disposizione.

Posso chiedere il credito d’imposta per la ricerca di nuovi piatti?

No, su questo punto vi è una risposta dell’Agenzia Delle Entrate, all’interpello N. 188, con cui chiarisce che l’attività di ricerca finalizzata ad individuare nuove ricette e nuovi piatti non si configura come agevolabile con il credito d’imposta per R&S.

 Attività di shelf-life sono agevolabili con il credito d’imposta?

Sì, i lavori finalizzati ad aumentare significativamente la vita commerciale di un prodotto alimentare possono essere agevolabili con il credito d’imposta R&S.

 Cosa posso fare per la ricerca sui prodotti nutraceutici?

Anche in questo caso si può fare riferimento al credito d’imposta. Per tutte le attività che hanno come obbiettivo tecnico quello di ampliare le conoscenze e la risoluzione delle incertezze nell’ambito dei prodotti nutraceutici.

 La ricerca per migliorare il gusto è agevolabile?

No, non si possono agevolare con il credito d’imposta i lavori di ricerca finalizzati a migliorare o modificare il gusto delle pietanze, in quanto siamo nell’ambito della normale attività di ricerca con cui ogni ristoratore intende distinguersi rispetto agli altri concorrenti.

 Ho ideato un packaging per i miei hamburger da asporto, posso ottenere il credito d’imposta?

No, anche quest’attività non è agevolabile con il credito d’imposta in quanto è un’attività considerata ordinaria che non è finalizzata alla risoluzione di incertezze tecniche.

Bonus ricerca e sviluppo, niente credito d’imposta per il ristorante che sviluppa nuove ricette

Resta fuori dagli investimenti agevolabili con il bonus R&S il processo di creazione e sviluppo di nuove ricette nel settore della ristorazione.

Il bonus ricerca e sviluppo presuppone che le attività vengano svolte per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, per produrre benefici non solo per la singola impresa, ma per l’intera economia.

È questo l’aspetto evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, supportata ancora una volta dal MISE, con la risposta all’interpello n. 188 del 17 marzo 2021.

Il caso specifico riguarda un’attività di ristorazione con somministrazione, intenzionata ad accedere al credito d’imposta ricerca e sviluppo per le attività di revisione dei menù da offrire alla clientela.

Pur presentando in maniera dettagliata il processo svolto dal team di Ricerca e Sviluppo per rendere sempre più attrattiva l’attività di somministrazione, il MISE si esprime negando l’accesso al credito d’imposta, non potendosi considerare attività di ricerca e sviluppo quelle svolte per innovare il prodotto e il processo di lavoro ed organizzazione.

Le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta sono quelle rientranti nell’ambito della ricerca fondamentale, ricerca applicata e sviluppo sperimentale, come definite dalla Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, mutate da quelle adottate nel Manuale di Frascati.

Secondo tali criteri:

le attività qualificabili come ricerca e sviluppo sono quelle specificamente svolte, nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa, per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi o al miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti.

Rientrano quindi nel bonus ricerca e sviluppo le attività che contribuiscono all’avanzamento delle conoscenze generali, consentendo di superare ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche, producendo benefici per l’intera economia.

In sostanza, è necessario che le attività di ricerca e sviluppo consentano di aggiungere elementi di novità alle conoscenze e capacità già disponibili. Non si tratta semplicemente di attività di carattere innovativo; è necessario che vi sia progresso.

Guardando al settore alimentare, nell’ambito della ricerca e sviluppo rientrano quindi, a titolo di esempio, le attività finalizzate a prolungare la vita commerciale di un prodotto, grazie a nuove metodologie di trattamento o conservazione degli alimenti, l’utilizzo di nuovi materiali e tecniche di confezionamento.

Ancora, il bonus ricerca e sviluppo si applicherebbe anche alle attività necessarie per generare un’utilità tecnologica su prodotti alimentari, in termini di digeribilità, apporto di nutrienti, tracciabilità o salubrità.

Il miglioramento del gusto, dell’estetica del piatto, o anche l’ampliamento dell’offerta commerciale con nuove ricette resta ESCLUSO dall’ambito applicativo del bonus ricerca e sviluppo.

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